Parla la madre del bimbo nato a Cavalese mentre l'elicottero era bloccato da un'avaria

«Quello che è accaduto a Cavalese è la dimostrazione che con questo "dispositivo" anche una gravidanza fisiologica sta diventando emergenza».
A dirlo sono le ostetriche, professioniste in prima linea in sala parto, che si rammaricano per l'immagine che la gente può essersi fatta della loro capacità di affrontare una situazione come quella dell'altra sera. Giovedì - lo ricordiamo - per una mamma in procinto di partorire, arrivata in ospedale «fuori orario» alle 21.55, e che quindi doveva essere trasferita a Trento, l'elisoccorso a causa di un'avaria non è arrivato in tempo. Tutto è andato bene, e la mamma assistita dall'ostetrica presente in ospedale ha dato alla luce Nicolò, 3,850 chili di salute. Proprio le ostetriche, loro che fanno accadere questi piccoli miracoli, non si riconoscono in queste modalità operative.
Commentando l'accaduto, infatti, aggiungono: «Quello che si è scatenato non è panico, ma disappunto, amarezza e senso di profonda ingiustizia per non poter dare un'assistenza senza interferenze. Invece di dover smuovere il mondo per un parto che non aveva bisogno di altro che dell'ostetrica e di un'èquipe medica presente se necessario com'è normale che sia». Di qui l'amara conclusione: «Ormai anche la fisiologica con questo dispositivo sta diventando emergenza!»
Ma che il sistema non funzioni lo ha riconosciuto anche Giovanni Zanon, presidente della Comunità territoriale di Fiemme che appresa la notizia ha dichiarato: «Non ci sono quelle condizioni di sicurezza che ci erano state garantite, questo sistema va rivisto per dare tranquillità alla nostra gente». Ma sono le stesse mamme di Fiemme e Fassa a chiedere di poter partorire con serenità. Claudia V. è la mamma del piccolo Nicolò, diventata «famosa» per aver partorito senza la presenza della «squadra volante» giunta in ritardo. E racconta l'ansia che ha preceduto il travaglio e la stranezza di essere l'unica ospite con il suo bambino del reparto maternità.
«Ci pensavo da tempo a questa cosa della sala parto aperta in orario d'ufficio: e se le contrazioni mi partono la sera? E difatti è successo come temevo: sono cominciate alle 7 di sera. Alle 21 mio marito Ruben ha detto "andiamo", già con il nostro secondo figlio era stato tutto abbastanza veloce. E per strada dicevo: "Vedrai, sicuramente mi mandano a Trento". Non solo il dolore, anche l'ansia di non sapere». In ospedale ad accogliere la coppia, l'ostetrica, che subito si mostra preoccupata perché sa di dover applicare le direttive e disporre per il trasferimento della partoriente.
Fatto sta che ormai il travaglio è in fase avanzata. «Rivisitandomi per la seconda volta si è messa il camice e ha detto "lo facciamo nascere qui" - racconta Claudia - e io mi sono sentita subito sollevata. Poi è stato tutto velocissimo, quando ho guardato l'orologio erano le 22.30 e Nicolò era già nato». Insomma tutto è bene quello che finisce bene. «Ma non si può continuare così - dice questa mamma - noi donne siamo già in agitazione per la gravidanza, se poi dobbiamo anche pensare che non possiamo partorire nel nostro ospedale: è tutto così assurdo».