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Harper Lee, c'è l'amore oltre la siepe

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Se dell’autore del Nome della rosa resterà l’eco del suo smisurato amore per la cultura, i libri e l’intelligenza, della scrittrice americana Harper Lee - scomparsa negli stessi giorni, a quasi 90 anni - l’eco più calda, una lama di luce che attraversa «il buio oltre la siepe», è quella dell’amore e basta. Se Eco ha giocato tutta la vita con i nomi delle cose, Harper Lee è andata dritta al cuore delle cose. Nel suo capolavoro «To Kill A Mockingbird» (Uccidere un tordo beffeggiatore, o usignolo, come si è detto in Italia), titolo ben più sanguinante della versione italiana di buio e siepe, ha dato un nome alle due polarità più decisive dell’umana esistenza: l’amore e l’odio. L’odio per l’uomo nero, in una profonda provincia sudista e razzista, l’Alabama, avrebbe portato a sacrificare un innocente; l’amore per l’uomo perseguitato muoveva la coscienza e il coraggio dell’integerrimo avvocato Atticus Finch (che sullo schermo è stato reso indimenticabile dal nobile, straordinario volto di Gregory Peck). 

Chi volesse ascoltare, piuttosto che leggere, «Il buio oltre la siepe», può trovare in rete, sul podcast di «Ad alta voce» - Radio3, il libro parlato con la meravigliosa voce di Manuela Mandracchia, ironica e appassionata, che ci restituisce il punto di vista innocente intelligente e curioso di Scout, la bambina narratrice, figlia di Atticus.

Se sulla terra prevalga l’odio (come spesso appare, com’è certificato ogni giorno dalle breaking news in tv) o piuttosto l’amore (che ci è necessario come l’aria, ma a volte si nasconde, sfuggente come un uccello elusivo) è questione assai dibattuta e impossibile da risolvere, qui su una piccola isola.

Ma, in una bottiglia portata a riva dalla risacca, ci arriva proprio un inno all’amore firmato Harper Lee, 15 aprile 1961 (articolo pubblicato dalla rivista Vogue). Anche lei, come tanti nei secoli, come la magnifica voce di Joni Mitchell parecchi anni dopo, è rimasta folgorata dalla prima lettera ai Corinzi, quell’inno dell’apostolo Paolo alla carità: rivoluzionario quando dice che anche la pienezza della fede è nulla se manca l’amore. 

«L’amore - scrive Harper Lee - è un paradosso: per averlo, dobbiamo darlo». E ancora: «L’amore purifica. La sofferenza non ha mai purificato nessuno».

Ma le cose più belle, l’autrice del Buio le scrive sulla relazione indissolubile tra amore e creazione artistica: «L’amore trasforma. Perché mai quando non la troviamo nella Bibbia o in Shakespeare, il più delle volte la normalità che cerchiamo salta fuori dalle pagine del Don Chisciotte? Perché Cervantes, provando un amore assoluto per la vita, ne rese immortali le sfumature… La taccagneria non ha mai scritto un buon romanzo. L’odio non ha dipinto La nascita di Venere. L’invidia non ci ha rivelato che l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti. Ogni creazione dell’intelletto umano che ha resistito al trascorrere del tempo è nata dall’amore, l’amore per qualcosa o per qualcuno. Ed è addirittura possibile amare la matematica».

Parole sante, cara Harper Lee, dovunque tu ti sia involata dalla tua casa in Alabama. È matematico: l’importante è l’amore. Che buca il buio, che scavalca le siepi. Che salva gli usignoli.


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