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Sequestro a Quaere, Paolo Zanghellini indagato

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Abusi edilizi non visti e lamentele inascoltate per decenni

Paolo Zanghellini, 51 anni, presidente, procuratore speciale e delegato in materia di sicurezza e ambiente della Zanghellini Conglomerati srl, è l’unico indagato - almeno finora - nell’inchiesta che ha portato venerdì scorso al sequestro preventivo dell’impianto di Quaere che produce asfalti e conglomerati.
Emissione di gas, vapori o fumi dai possibili effetti nocivi per le persone: questa l’ipotesi in base alla quale la procura di Trento ha deciso di affidare la continuazione dell’attività a un amministratore giudiziario per risolvere i problemi denunciati dalla popolazione che vive nella frazione di Levico. Un’ipotesi che corrisponde a una contravvenzione concernente l’incolumità pubblica: roba da un mese di arresto al massimo e poche centinaia di euro di multa.

Alcuni mesi fa, proprio a Paolo Zanghellini (come titolare della Zanghellini Asfalti srl, che fino al 2013 aveva gestito l’impianto di Quaere, ora portato avanti dalla Zanghellini Conglomerati di cui sono soci alla pari la Asfalti e la Edilpavimentazioni srl di Lavis) era stato contestato il reato di evasione fiscale per mancati versamenti di imposte e tributi e la Guardia di Finanza aveva sequestrato beni per 353mila euro.

Ma scavando nel passato emerge anche che nel 2002 alla Zanghellini Asfalti, allora Spa, il Comune di Levico Terme e la Provincia avevano concesso una maxi sanatoria in deroga per sedici opere abusive (impianti e cumuli di materiale), realizzate dal 1965 in poi in zona boschiva. Abusi accertati solo in seguito alla denuncia di un privato, sporta nel 2001: fino ad allora, nessuno pareva essersi accorto delle discariche e degli impianti. Nonostante sorgessero tra case e campi, nonostante lì vicino esistesse dal 1992 una riserva provinciale naturale, il biotopo «Inghiaie». Come se, insomma, Quaere fosse terra di nessuno, lontana e isolata da tutto.

E lo stesso pare sia avvenuto anche negli ultimi anni. Le prime lamentele, inascoltate, risalgono infatti al 2007. Ricorda un uomo, residente a Quaere dal 2006:  «Scrivemmo più di una e-mail all’amministrazione comunale (allora guidata dal medico Carlo Stefenelli, ndr) lamentando forti disagi a causa dei disturbi provocati della Zanghellini, soprattutto rumori e polveri, ma senza mai ricevere risposta».
Ma ad evitare di pronunciarsi sull’attività quando avrebbe dovuto farlo è stato anche Gianpiero Passamani, sindaco dal 2010 al 2013 e ora consigliere provinciale dell’Upt che, stando a quanto scrive il dirigente provinciale Giancarlo Anderle nell’autorizzazione all’ampliamento dell’attività (l’Adige di domenica) rilasciata il 24 gennaio 2013, non avrebbe comunicato «in tempo utile il parere di competenza». E ciò nonostante la domanda della Zanghellini risalisse al 18 settembre 2012, dunque a ben quattro mesi prima.

Così, nella «distrazione» generale, l’attività è stata potenziata rendendo la vita difficile alla settantina di persone che vive nel raggio di 300 metri dall’impianto, in quella zona residenziale che, secondo la Provincia, «non è in prossimità»: «Strano - nota un altro residente - dato che nel 1995 ho costruito una casa a 150 metri dalla Zanghellini in “zona residenziale di completamento” sottoposta a tutela paesaggistica...».

Ora si vedrà, se basterà il sequestro preventivo a risolvere i problemi di rumori insopportabili, fumi irrespirabili e odori acri: ma ieri, a tre giorni di distanza dal provvedimento, nulla era cambiato. E qualche residente l’ha subito comunicato ai Forestali della Stazione di Levico, nei mesi scorsi protagonisti di numerosi appostamenti mirati nei dintorni della Zanghellini.


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