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Addio a Marco Bassetti il trentino di Medjugorje

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«I primi anni dormivamo nelle case degli abitanti del villaggio: pavimenti in terra battuta, tetti realizzati con un semplice soffitto in cemento e in inverno per stare caldi si doveva dormire con la tuta da sci». Era il 2013 quando Marco Bassetti, il trentino che dal 1982 al 2014 ha portato a Medjugorje tra i 12 ed i 15mila fedeli, raccontava alle pagine dell’Adige dei suoi primi pellegrinaggi verso l’apparizione. La fervente devozione per la Madonna, l’amore per la famiglia, l’impegno verso il prossimo. Marco Bassetti si è spento ieri mattina a Trento circondato dall’affetto dei suoi cari, all’età di 92 anni.

«Quando parlavi della Madonna a Marco - ricorda l’amico di sempre e successore nella sua opera di capogruppo nei pellegrinaggi, Ivo Baroni - lui rinasceva. Da quando mi ha passato il timone nel 2014, non ha perso un viaggio. Anche a maggio dell’anno scorso, all’alba del suoi 92 anni, era con noi a Medjugorje». Una fede condivisa con la moglie Francesca Berlanda e con le figlie Maddalena e Gelsomina, nata dopo una carriera da direttore di filiali dell’allora Cassa di Risparmio. Fino alla vera vocazione per Medjugorje. Ricordava lo stesso Bassetti: «Nel 1981 su Avvenire lessi un articolo su queste misteriosi apparizioni. Incuriosito, cercai qualche informazione in più sugli altri giornali, ma non trovai nulla. Così quando nel maggio del 1983 un amico di Bolzano mi invitò ad andare accettai con entusiasmo». Come andò? «Fu un’avventura: 26 ore di pullman. Dovevamo arrivare alle 20. Giungemmo alle 3 di notte con l’albergo chiuso. La mattina dopo andammo nel luogo delle apparizioni: non c’era nulla, una chiesa e poi solo campagna».

Una cosa appare chiara nei suoi racconti: «Medjugorje - diceva - non può non colpire chi ci va. In tanti anni di pellegrinaggi e di gente accompagnata penso che non ci sia nessuno che non sia tornato cambiato dopo un viaggio là».

La sua attività di capogruppo nei pellegrinaggi, nello specifico, ha avuto inizio come responsabile del movimento cattolico «Rinnovamento nello spirito», con un gruppo di 300 persone nella soffitta sopra gli Artigianelli, da cui nacque l’idea dei primi pulmann. Da lì i viaggi (circa 3-4 all’anno); l’impegno per aiutare i bisognosi del luogo con alimenti, coperte, materiale scolastico ed attrezzi da lavoro. Ed anche la raccolta, promossa da Bassetti, di 50 milioni di lire per la costruzione della Chiesa di Surmanci, nei pressi di Medjugorje, ad oggi conosciuta come Chiesa dei Trentini. Una storia di beneficenza ed altruismo che si intreccia con un’altra storia trentina, che ha a che fare con un miracolo. «La Chiesa di Surmanci - spiega oggi l’amico Baroni - è dedicata a Gesù Misericordioso, raffigurato nel dipinto di un’artista padovana. In precedenza il quadro era custodito nella Villa Santissima di Villazzano, ed è stato volere dell’arcivescovo di Spalato che l’icona facesse ritorno proprio a Medjugorje, a cui originariamente era stata donata. Ebbene, è stato grazie a Marco ed il suo impegno che l’icona ha fatto ritorno nei Balcani nel ‘93, trasportata da un carro trainato da cavalli su un letto di rose bianche e rosse».
«Il cordoglio è generale - conclude l’amico - Era il nostro Marco. Non sarà più lo stesso senza di lui. Ci lascia la sua grande fede, l’amore immenso per la famiglia, il suo essere esempio su tutto. Medjugorje è un luogo dove non c’è niente da vedere ma tanto da sentire: un luogo a cui non si arriva per caso e a cui si ritorna. Cercheremo di proseguire nella sua opera».


Retelit acquisisce Brennercom per 52 milioni; Athesia nella governance «Asse del Brennero strategica»

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Inizia una nuova era per Brennercom, società del gruppo Athesia di Bolzano: è stata infatti accettata l’offerta della milanese Retelit per l’acquisto di Brennercom: Athesia parteciperà alla governance. Un'operazione che vale 

L’acquisizione conferma che l‘asse del Brennero è strategica ed Athesia ha accettato l’offerta vincolante di Retelit Digital Services S.p.A. per l’acquisizione del 100% del capitale sociale di Brennercom S.p.A.

L’Amministratore delegato On.le Michl Ebner(nella FOTO) dichiara che il settore ICT continua a essere di importanza strategica per il Gruppo Athesia. Verrà garantita l’indipendenza di Brennercom S.p.A. come impresa leader ICT della Regione Trentino Alto Adige. Questo dovrebbe essere sottolineato anche tramite la partecipazione di Athesia alla futura governance. L’offerta vincolante, inoltre, prevede l’acquisizione – ove talune condizioni si verificassero – di una partecipazione da parte di Athesia nell’azienda milanese quotata in Borsa.

I collaboratori e dipendenti di Brennercom (140 persone) sono stati informati in merito ai cambiamenti in essere in un’apposita assemblea. I posti di lavoro a Bolzano e in Regione saranno garantiti.

L’asse Milano – Monaco di Baviera, servita da Brennercom, è considerata di assoluto valore strategico, come si evince anche dal comunicato inviato alla Consob. Rimane esclusa dalle operazioni la Met S.r.l. di Laives, una controllata della Brennercom Spa. Tutte le quote passano al fondatore e CEO Luigi Mazzotta.


IL COMUNICATO DI RETELIT

Retelit S.p.A. (“Retelit”), tra i principali operatori italiani di servizi digitali e infrastrutture, rende noto che il Gruppo Athesia ha accettato l’offerta vincolante formulata dalla controllata Retelit Digital Services S.p.A. (“Retelit Digital Services”) per l’acquisizione del 100% del capitale sociale di Brennercom S.p.A. (“Brennercom”).
Brennercom è un provider ICT e TLC, con sede a Bolzano, che grazie a continui investimenti in tecnologia e sviluppo è riuscito a proporsi, attraverso tre controllate, su alcuni dei più importanti mercati europei, quali Italia, Austria e Germania. La rete in fibra ottica, i tre datacenter di Bolzano (certificato ANSI-TIA-942), Trento e Innsbruck, l’infrastruttura di rete e le centrali telefoniche di ultima generazione, permettono a Brennercom di offrire servizi Cloud, Disaster Recovery, MPLS Networking, Security, Unified Communication & Collaboration.
Brennercom, esclusa la controllata MET S.r.l. in quanto non facente parte del perimetro dell’operazione quivi descritta, può contare su circa 130 dipendenti, oltre 10.000 clienti - tra i quali il 70% delle 100 aziende top dell’Alto Adige, il 45% delle 100 aziende top del Trentino, il 6% delle 100 aziende top di Verona e il 15% delle 100 aziende top del Tirolo - caratterizzati da un’altissima fedeltà. Considerando i clienti di riferimento raggiunge la quota di mercato del 65% nella provincia autonoma di Bolzano e del 40% nella provincia autonoma di Trento. Brennercom ha chiuso il 2018, ultimo dato disponibile, con un fatturato complessivo pari a € 32,4 milioni.

La parte venditrice, il Gruppo Athesia, con un fatturato di oltre € 250 milioni, opera in diversi settori quali: editoria, media online, stampa, calendari, turismo, energie rinnovabili, retail e ICT. Il Gruppo, in forza dei suoi 1.600 collaboratori, è uno dei soggetti più importanti e riconosciuti del territorio.
Il Presidente di Retelit Dario Pardi ha commentato: “L’offerta per la possibile acquisizione di Brennercom rappresenta un ulteriore passo nella strategia di espansione di Retelit. Brennercom è una realtà importante che presidia un’area da sempre oggetto dell’interesse di Retelit, e riflette i requisiti da noi ricercati nelle aziende target: realtà di medie dimensioni, con asset complementari a quelli di Retelit e servizi di qualità. La possibile acquisizione di Brennercom rappresenta un ulteriore valore aggiunto nella strategia di crescita, recentemente arricchita dall’acquisizione di Gruppo PA. In particolare, con Brennercom riteniamo di poter dare una forte accelerazione all’incremento di volumi e marginalità, grazie alla creazione di forti sinergie in termini di offering, principalmente per il mercato corporate e un’intensificazione dell’attività sull’asse Monaco-Tirolo-Milano dove Brennercom è leader di mercato”.

Michl Ebner, Amministratore Delegato di Athesia ha commentato: “Per il Gruppo Athesia il settore ICT è strategico da più di 20 anni. E lo rimarrà in futuro. Attraverso la controllata D-Net avevamo avviato la creazione di Brennercom di cui siamo soci fondatori. Oggi intraprendiamo una nuova sfida entrando in una nuova fase acquisendo – ove ricorrano i presupposti indicati nell’offerta vincolante quivi descritta - una importante partecipazione di Retelit. Questo per sottolineare la nostra volontà di continuare a seguire Brennercom e di investire in un settore che ci ha visti protagonisti nella nostra Regione e fuori dai confini della stessa e che ci vedrà attivi partecipanti anche in futuro”.

TERMINI DELL’OPERAZIONE L’offerta vincolante di Retelit Digital Services è volta ad addivenire, in via esclusiva, alla sottoscrizione di un contratto relativo all’acquisizione di Brennercom (lo “SPA)”, subordinatamente, tra l’altro, all’esito positivo della due diligence legale, alla concessione a favore di Retelit Digital Services di un finanziamento destinato al pagamento integrale del prezzo, alla mancata insorgenza di eventi negativi rilevanti in capo a Brennercom e/o alle sue controllate, nonché al generale buon esito delle successive negoziazioni.
L’offerta prevede inoltre che anteriormente all’eventuale closing dell’acquisizione, siano perfezionati tra le parti alcuni accordi di natura commerciale.
Retelit, attraverso la società interamente controllata Retelit Digital Services, intenderebbe acquisire la totalità delle partecipazioni detenute dai due attuali azionisti di Brennercom (Athesia Druck GmbH e Athesia Tyrolia Druck GmbH, controllate da Athesia S.p.A.).
Dal perimetro di acquisizione, come sopra anticipato, si intende esclusa la società italiana MET S.r.l., controllata non interamente da Brennercom S.p.A., che sarà scorporata prima dell’eventuale closing.
Il prezzo per il 100% di Brennercom ammonterebbe a circa € 52 milioni, sulla base di un Enterprise Value di Brennercom e delle sue controllate sin qui stimato (come detto, escludendo la controllata italiana MET) in € 65 milioni. Qualora all’esito della due diligence legale, dovesse risultare un eventuale nuovo valore di Enterprise Value offerto da Retelit Digital Services S.p.A., inferiore a quello sopra indicato, i venditori potranno recedere dalle trattative. Non sono previsti earn-out.
Le parti prevedono di pervenire alla sottoscrizione dello SPA entro il 17 febbraio 2020, nonché al closing dell’operazione - compatibilmente con l’avveramento delle eventuali condizioni previste dal contratto di acquisizione -, non prima del 30 giugno 2020 ed entro il 31 luglio 2020.
L’offerta prevede inoltre che una parte del prezzo, fino ad un massimo di € 15 milioni, possa essere corrisposta in azioni quotate di Retelit S.p.A.
Si prevede che l’operazione sia finanziata in parte mediante il finanziamento – di cui al comunicato in data 22 ottobre 2019 – messo a disposizione da Unione di Banche Italiane S.p.A., Intesa Sanpaolo S.p.A. e MPS Capital Services per le Imprese S.p.A. (con Banca IMI S.p.A. quale agente), a cui si è successivamente aggiunta Banco BPM, e in parte mediante un’ulteriore linea di credito che sarà oggetto di negoziazione con tale pool di banche.
La valutazione di Brennercom è stata fatta a seguito di un’approfondita due diligence tecnico/commerciale seguita dalla società ICT Consulting e sarà inoltre supportata da una fairness opinion predisposta da un soggetto indipendente.
Sulla base delle informazioni fornite dalla parte venditrice la valutazione dell’Enterprise Value si attesterebbe ad un multiplo di circa 7,5x rispetto all’EBITDA previsionale.
L’offerta vincolante prevede, infine, che successivamente al closing dell’operazione, gli attuali azionisti di Brennercom continueranno a partecipare alla struttura di governance della stessa.
3 FINALITA’ DELL’OPERAZIONE Questa operazione consentirà a Retelit di accrescere ulteriormente i propri volumi e margini e di posizionarsi così tra le realtà leader in Italia nel settore ICT e di godere di evidenti vantaggi competitivi, dati, tra l’altro, da una maggiore possibilità di investimenti tecnologici per aumentare l’infrastruttura e i servizi, una maggiore copertura commerciale del territorio, migliori economie di scala con ottimizzazione dei costi diretti e di network, senza dimenticare una forza contrattuale aumentata.
Il Gruppo Retelit, in particolare con questa integrazione, che segue di poco l’acquisizione di PA Group, potrà intensificare considerevolmente la propria presenza nell’area di mercato dell’asse Monaco-Tirolo-Milano, considerando che Brennercom è leader nelle zone del Sudtirolo e Trentino, e vanta posizioni di rilievo in Austria e sud della Germania, in aggiunta al rafforzamento della sua presenza in Veneto e nel Friuli Venezia Giulia, grazie all’acquisizione di Gruppo PA. Da segnalare inoltre che Retelit potrà aumentare l’infrastruttura di proprietà grazie a quella portata in dote da Brennercom e costituita da rete in fibra ottica, tre datacenter di Bolzano (certificato ANSI-TIA-942), Trento e Innsbruck, l’infrastruttura di rete e le centrali telefoniche di ultima generazione.

Retelit inoltre potrà migliorare la propria posizione in ambito business viste le forti sinergie con Brennercom con offerte integrate e potenziate proprio per questo segmento e vista l’altissima fedeltà dei clienti Brennercom. La quantificazione di tali sinergie è attualmente in fase di verifica e verrà comunicata, una volta terminata la due diligence, in fase di closing. Infine, così come avvenuto per l’acquisizione di Gruppo PA, la parte venditrice sarà parte della realtà risultante dall’integrazione, mostrando fiducia nella crescita del Gruppo Retelit. Il supporto che un grande gruppo come Athesia potrà dare alla realtà combinata sarà un ulteriore elemento del successo dell’iniziativa.

Retelit Digital Services è assistita nell’operazione da Cross Court Capital quale Advisor finanziario, da NCTM per gli aspetti legali e giuslavoristici, da Lexia Avvocati per i profili di capital markets, da PWC quale consulente contabile e fiscale e da ICT Consulting quale consulente tecnico e di business. Brennercom è assistita nell’operazione dagli Avv.ti Ausserer e Ebner dello studio PMAB per i profili M&A, dallo Studio Legale Bird & Bird per le questioni capital markets e da Dr. Meyer di Baker Tilly per la parte contabile e fiscale.

Gruppo Retelit Retelit è uno dei principali operatori italiani di servizi digitali e infrastrutture nel mercato delle telecomunicazioni, dal 2000 quotato alla Borsa di Milano, nel segmento STAR dal 26 settembre 2016. L’infrastruttura in fibra ottica di proprietà della società si sviluppa per oltre 12.678 chilometri (equivalente a circa 327.000 km di cavi in fibra ottica) e collega 10 reti metropolitane e 15 Data Center in tutta Italia. Con 4.385 siti on-net e 41 Data Center raggiunti, la rete di Retelit si estende anche oltre i confini nazionali con un ring paneuropeo con PoP nelle principali città europee, incluse Francoforte, Londra, Amsterdam e Parigi. Retelit è membro dell’AAE-1 (Africa-Asia-Europe-1), il sistema di cavo sottomarino che collega l’Europa all’Asia attraverso il Medio Oriente, raggiungendo 19 Paesi, da Marsiglia a Hong Kong, con una landing station di proprietà a Bari e del Consorzio Open Hub Med, nodo delle telecomunicazioni digitali nell’area del Mediterraneo, con un Data Center di proprietà a Carini (PA).

Dal novembre 2018 l’azienda è parte di NGENA (Next Generation Enterprise Network Alliance), alleanza globale di operatori di telecomunicazioni nata per condividere i network proprietari dei membri e fornire una rete di connettività dati globale stabile e scalabile. Tali asset fanno di Retelit il partner tecnologico ideale per gli operatori e per le aziende, con un’offerta completa di soluzioni digitali e infrastrutturali di qualità, affidabili e sicure. I servizi vanno dalla connessione Internet in fibra ottica al Multicloud, dai servizi di Cyber Security e Application Performance Monitoring ai servizi di rete basati su tecnologia SD-WAN.

Infine, Retelit offre soluzioni di Colocation in oltre 10.500 metri quadrati di spazi attrezzati 4 e sicuri connessi in fibra ottica, per esternalizzare servizi di Data Center e soddisfare esigenze di Disaster Recovery e Business Continuity. I servizi Carrier Ethernet di Retelit sono, inoltre, certificati Metro Ethernet Forum (MEF). Alla certificazione MEF CE 2.0 si aggiungono anche le certificazioni tecnologiche ISO 27000 per la progettazione e fornitura di servizi di rete, Colocation e Cloud e ALLA/NALLA per l’erogazione di servizi in ambito militare.

Assolto il vigile di Sanremo che timbrava il cartellino in mutande: ecco perché

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Alberto Muraglia, il “vigile in mutande” che timbrava il cartellino e tornava a casa all’interno del Comune di Sanremo, finito sotto inchiesta nell’indagine della Gdf sui furbetti del cartellino, è stato assolto con rito abbreviato durante l’udienza preliminare. Lo stesso procedimento si è chiuso con 10 assoluzioni, 16 rinvii a giudizio e altrettanti patteggiamenti. Tra le accuse quella di truffa ai danni dello Stato.

«Andate aff..., mi avete rovinato la vita», ha gridato una donna uscita dall’aula udienze dopo la lettura del dispositivo di assoluzione nei suoi confronti.

«Una decisione assolutamente corretta e in linea con le risultanze del procedimento, per cui non mi stupisce affatto», ha detto Alessandro Mager, uno degli avvocati del collegio difensivo. Per l’avvocato Alessandro Moroni «è il momento di spegnere i riflettori e lasciare che questa vicenda torni a essere come tutti gli altri processi. Il vaglio di questi filmati ha detto che erano innocenti».

Per il sostituto procuratore Grazia Pradella «L’impianto accusatorio vede una sostanziale conferma in sedici patteggiamenti e altrettanti rinvii a giudizio. Per quanto riguarda gli abbreviati leggeremo con attenzione le motivazioni e decideremo il da farsi anche perché su queste posizioni vi erano prove che la procura ha considerato importanti e di spessore. Valuteremo con estrema serietà, così come con estrema serietà sono state considerate le prove fotografiche e documentali». La data di inizio del processo, per chi ha scelto il rito ordinario, è stata fissata al prossimo 8 giugno.

È grazie a una disposizione del comandante della polizia locale, secondo cui il custode doveva timbrare dopo aver aperto il mercato e in abiti borghesi, che Alberto Muraglia, immortalato mentre timbra la presenza in mutande, è stato assolto dal gup Paolo Luppi «perché il fatto non sussiste» dall’accusa di truffa ai danni dello Stato.

Il suo difensore, l’avvocato Alessandro Moroni spiega che Muraglia, nominato custode del mercato ortofrutticolo, si svegliava alle 5.30 per aprire i cancelli e prendeva servizio alle 6. Un compito che svolgeva in cambio dell’alloggio a titolo gratuito nello stabile del mercato. Dopo aver aperto i cancelli, Muraglia guardava che non ci fossero auto parcheggiate male che potessero impedire l’installazione dei banchi. Quindi, timbrava, sempre in abiti borghesi - nella timbratrice del mercato, a pochi metri dalla porta di casa - e rientrava in alloggio per indossare la divisa. «È come avviene per tutti gli agenti che devono prendere servizio - dice Moroni - che entrano, timbrano in borghese, poi si cambiano».

In quattro occasioni Muraglia sale in casa, dopo aver aperto il mercato e si cambia, ma dimentica di timbrare il cartellino.
Per questo motivo, è sceso alla timbratrice in mutande o ha mandato la figlia a timbrare, perché così è disposto, in quanto l’atto di vestire la divisa è considerato orario di lavoro.
«Anzi - dice Moroni -, in quei casi è più facile che abbia regalato quaranta secondi, anziché averne sottratti allo Stato».

Minacciate con un coltello e rapinate dopo la partita Paura per madre e figlia

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Minacciate con un coltello e rapinate mentre si stavano recando alla propria auto. Bruttissima avventura, ieri sera, per due donne, madre e figlia, a Trento sud.

Il fattaccio è avvenuto in uno dei parcheggi, in zona palazzetto. Tra le 20.30 e le 20.45, presumibilmente al termine della partita dell’Itas, le due donne si stavano recando alla propria auto quando, improvvisamente, sono state avvicinate da due soggetti travisati. I due malviventi le hanno minacciate con un coltellino svizzero e si son fatti consegnare il portafogli contenente 80 euro.

Sono in corso indagini da parte dei carabinieri della compagnia di Trento.

L’ordine agli ebrei: «Tutti fuori»

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L’applicazione del regio decreto legge n. 1381, riferito all’espulsione degli ebrei stranieri dal suolo italiano ed alla revoca della cittadinanza italiana per coloro che l’avessero acquisita posteriormente al 1 gennaio 1919, suscita aspre polemiche  e robuste proteste soprattutto da parte degli Usa e di Grecia ed Olanda.

Usa e di Grecia ed Olanda che chiedono assistenza ed attenzioni per i loro cittadini ebrei soggetti ai provvedimenti razziali, mentre la Turchia assume una posizione ben più intransigente, minacciando l’immediata espulsione degli ebrei e degli italiani in genere presenti sul suo territorio. Come spesso accade Roma si allinea a queste richieste e prolunga i permessi di soggiorno per gli ebrei appartenenti a questi Paesi, accanendosi invece sugli altri.

Nel frattempo - e come logica conseguenza - la situazione degli ebrei residenti nella Venezia Tridentina, che ricomprende anche la provincia di Bolzano, si fa sempre più critica, anche in relazione al profilarsi del progetto delle “Opzioni”. Nel giugno del ‘39 infatti, viene a definirsi un piano per il trasferimento volontario in Germania di cittadini italiani “di origine e lingua tedesca” e di cittadini germanici interessati al rimpatrio, per un totale complessivo di oltre 10.000 persone. Tutto questo è frutto di un accordo fra Hitler e Mussolini che soddisfa le ambizioni del primo di riunire in un’unica patria tutti i tedeschi e del secondo di ridurre drasticamente in Alto Adige la componente tedesca. Il 21 ottobre del 1939 Italia e Germania sottoscrivono così le «Norme per il rimpatrio dei cittadini germanici e per l’emigrazione degli allogeni tedeschi dell’Alto Adige in Germania» che riguardano, oltre alla provincia di Bolzano, anche le zone mistilingui del Trentino, del Bellunese e dell’Udinese, ma non i cittadini ebrei, la cui posizione diventa ancor più incerta: non possono risiedere nei territori della provincia di Bolzano e debbono lasciare obbligatoriamente il regno, anche se non ci sono Stati disposti ad accoglierli.

Roma non sa più cosa fare e dispone quindi che gli ebrei impossibilitati a lasciare il suolo italiano vengano avviati in appositi campi di concentramento.
Nelle more di queste concitazioni diplomatiche e politiche, nell’autunno del 1939 molti ebrei, costretti a lasciare l’Alto Adige, si trasferiscono nel vicino Trentino, innescando però l’immediata reazione del prefetto di Trento che chiede ed ottiene dal governo l’allontanamento degli ebrei anche da questi territori, al pari di quelli altoatesini. La Venezia Tridentina è quindi la prima regione italiana “Jüdenrein”, cioè ufficialmente “libera da ebrei”, anche se nei fatti le cose sono un po’ diverse e alcuni gruppi familiari rimangono in Trentino, come in Alto Adige. Comunque il questore di Trento, nel dicembre del ‘39, può scrivere al Capo della Polizia Arturo Bocchini: «Il Trentino può dirsi finalmente immune dalla tabe giudaica» ed esattamente un anno dopo, lo stesso questore, invia un rapporto al Ministero degli Interni affermando che: “per il numero insignificante di israeliti residenti in questa provincia, i provvedimenti razziali non hanno qui ripercussioni di sorta, anche se vengono giudicati favorevolmente dalla popolazione locale, perché intesi a dare maggior carattere di omogeneità al popolo italiano ed a costituire una barriera per la netta separazione dai pericolosi elementi giudaici.

Nell’agosto del 1938 si è dato avvio anche qui al censimento degli ebrei residenti, sulla base delle disposizioni della «Direzione generale per la Demografia e la Razza» («Demorazza») del Ministero degli Interni, considerando ebreo «colui che discende anche da un solo genitore ebreo». Gli esiti del censimento, elaborati dall’Istat, alla data del 1 ottobre 1938 certificano la presenza nella Venezia Tridentina di 989 ebrei, dei quali 938 in Alto Adige e 51 in Trentino. In proposito così scrive il sen. Ettore Tolomei: «Fu per oltranza religiosa che Trento, sul finire dell’evo medio, si liberò dei semiti (con la vicenda del Simonino n.d.r.) e pochi ne accolse anche negli ultimi tempi, mentre troppi ne vennero in Alto Adige e quasi tutti d’oltr’Alpe, contribuendo in tal modo anche a rafforzare l’elemento tedesco sul suolo italiano».
Con poche variazioni numeriche - e nonostante i provvedimenti di allontanamento dall’Italia, peraltro elusi in mille modi - la situazione della presenza ebraica nella Venezia Tridentina rimane grosso modo e fino alla data dell’ 8 settembre 1943 quella descritta dall’infame censimento del ‘38. Poi, con l’assorbimento dei territori delle province di Trento, Bolzano e Belluno nella “Zona di Operazione delle Prealpi”, cioè di fatto nel territorio del III Reich, purtroppo la persecuzione antisemita assume i suoi toni più drammatici.

(3 - Continua)

LA PRIMA PUNTATA

LA SECONDA PUNTATA

 

Problemi alla piattaforma delle dichiarazioni Icef: problema risolto dopo 24 ore

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È di nuovo operativa la piattaforma per la raccolta delle dichiarazioni Icef. Lo rende noto la Provincia di Trento precisando che ieri pomeriggio erano stati riscontrati problemi tecnici nel suo funzionamento, in seguito ai quali era stata concordato con la società di sistema e il nuovo fornitore un fermo del servizio per alcune ore a partire da questa mattina, fino alle ore 15 circa, per eseguire test di verifica.
Non sono stati registrati particolari criticità da parte degli sportelli periferici provinciali e dei Caf, sottolinea la Provincia, e non sono stati segnalati particolari disservizi sull’utenza, essendo abbastanza contenute in questi giorni le richieste di elaborazione o invio pratiche connesse all’indicatore. Il sistema Icef è in costante aggiornamento ed evoluzione; occorre tener conto - sottolinea la Provincia - che in occasione del passaggio al nuovo fornitore Trentino Digitale e il raggruppamento di imprese risultate assegnatarie della gara per la gestione della piattaforma, stanno operando anche evoluzioni del sistema stesso, finalizzate a migliorarne la stabilità e il funzionamento.

Volete dormire il 14 febbraio con vostro amore nel letto di Giulietta? Ecco il concorso

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Vi piacerebbe, il 14 febbraio, dormire con il vostro amore per una notte nella Casa di Giulietta a Verona? Sareste gli unici al mondo a farlo, perché normalmente l’edificio storico in via Cappello nella città scaligera è chiuso al pubblico. Ma adesso arriva un concorso per scegliere la coppia fortunata.

Come riporta il sito del giornale di Verona, L'Arena, è il frutto di una campagna di Airbnb che, dopo la prima esperienza al Louvre, ha scelto Verona per la prossima campagna di comunicazione internazionale che da domani coinvolgerà oltre 20 Paesi in tutto il mondo. Una coppia di innamorati potrà trascorrere la serata e la notte di venerdì 14 febbraio (con cena di uno chef stellato) nelle stanze della casa di Giulietta, oggetto, come spiega la nota di palazzo Barbieri, «di uno speciale restyling di alcune sale per riprodurre l’atmosfera di una vera e propria casa».

Il concorso comincia domani, martedì 21 gennaio e i dettagli verranno svelati direttamente sul sito di Airbnb. Ma quello che trapela è che bisognerà scrivere a Giuletta raccontando la propria storia d’amore e le motivazione che spingono a partecipare all’iniziativa.

In sostanza, come quelle inviate da anni al Club di Giulietta. Poi sarà una giuria a scegliere i vincitori.
Collaborano il Comune e alcuni partner locali, quali il Club di Giulietta e lo chef stellato Giancarlo Perbellini. Airbnb inoltrre sponsorizzerà con 90 mila euro la mostra di Caroto, che si terrà a novembre a Castelvecchio.

Oggi il nuovo allestimento della Casa è stato visitato in anteprima dal sindaco Federico Sboarina e dall’assessore alla Cultura e Turismo Francesca Briani. Insieme a loro, la direttrice dei Musei civici Francesca Rossi, la presidente del Club di Giulietta Giovanna Tamassia e la responsabile di Airbnb Italia Federica Calcaterra.

Ultima avvertenza: milioni di turisti ogni anno visitano la casa e il cortile: il risveglio potrebbe essere poco rispettoso della privacy...

Reddito cittadinanza: le cifre Più assegni a Napoli che a Lombardia e Veneto insieme

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Sono oltre 1,04 milioni le famiglie italiane che ricevono il reddito di cittadinanza per oltre 2,5 milioni di persone coinvolte nel complesso: i dati arrivano dall’ultimo Report dell’Inps su reddito e pensione di cittadinanza sul periodo aprile-dicembre 2019 secondo il quale il 61% dei nuclei che lo riceve nel complesso risiede al Sud. La Campania è la regione con il maggior numero di beneficiari (19,2% delle domande accolte) mentre Napoli con oltre 127.000 nuclei ha un numero di domande accolte superiori al totale di due grandi regioni del Nord come la Lombardia e il Veneto. Nel complesso le domande accolte sono quasi 1,1 milioni su 1,6 milioni di domande presentate ma 56.000 famiglie sono decadute dal beneficio (tra rinunce, variazioni della situazione reddituale e variazioni della situazione economica del nucleo).

L’importo medio mensile erogato dall’istituzione della prestazione ad oggi è di 493 euro con importi più alti al Sud del 7% rispetto alla media nazionale. Le famiglie titolari di reddito di cittadinanza sono 915.600 per 2.370.938 persone coinvolte mentre sono 125.862 quelle titolari di pensione di cittadinanza per 142.987 persone coinvolte. In media sono molto più alti gli importi di chi riceve il reddito (532 euro) rispetto ai titolari della pensione di cittadinanza (222). Al Sud l’importo medio per il reddito è di 562 euro con un picco di 599 euro medi in Campania.
Circa il 20% delle famiglie (210.000 nuclei) riceve un assegno inferiore a 200 euro al mese mentre altri 178.000 ricevono importi tra i 200 e i 400 euro. Quindi quasi 400.000 famiglie possono contare su importi inferiori a 400 euro. Sono invece 5.697 le famiglie che ricevono oltre 1.200 euro al mese mentre 41.733 ricevono un assegno tra i 1.000 e i 1.200 euro.

Circa la metà delle famiglie (495.000 nuclei) ha assegni variabili tra i 400 e gli 800 euro. La gran parte delle famiglie che riceve il sussidio è formata da una sola persona (405.000 e la metà di loro riceve tra i 400 e i 600 euro) mentre sono molto più rare quelle numerose (68.520 hanno cinque componenti e appena 35.278 ne hanno sei).
Le famiglie con minori sono 378.000 (il 36% del totale ma coprono il 58% delle persone interessate). I nuclei con disabili sono 214.000 (il 21% del totale). Degli oltre 2,5 milioni di persone coinvolte 664.000 sono minorenni.

Il reddito di cittadinanza è erogato per il 90% dei casi a un italiano mentre solo il 6% risulta erogata a extracomunitari e per il 3% a cittadini europei. Per l’1% è erogato a familiari di queste categorie. Questa composizione percentuale - spiega l’Inps nel suo Report sul Reddito - «non è variata rispetto a quella delle domande presentate fino a settembre, pur in seguito allo sblocco dei pagamenti di 40.000 domande di cittadini extracomunitari avvenuto nel mese di dicembre».
L’Inps infine ricorda che a dicembre risultano ancora in pagamento 41.000 prestazioni di Reddito di inclusione e che l’importo medio del Rei erogato da aprile a dicembre 2019 (non si potevano più presentare domande ma restavano in essere quelle accolte) è stato di 297 euro mentre quello del reddito di cittadinanza è stato di 532 euro, quasi il doppio del primo.


Via le slot vicino a scuole, ospedali, ambulatori e chiese: la Provincia sfida i commercianti

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La Provincia di Trento valuterà, sulla base di un’analisi ad hoc, se modificare o meno la legge del 2015 per la prevenzione e la cura della dipendenza da gioco.

Normativa che tra le misure di contrasto al fenomeno della ludopatia prescrive che entro l’agosto di quest’anno le slot machine siano rimosse dai pubblici esercizi che distano meno di 300 metri dai cosiddetti «luoghi sensibili»: scuole di ogni ordine e grado, ospedali, case di riposo, strutture assistenziali, circoli anziani, aree ricreative e sportive rivolte ai giovani e luoghi di culto. Macchinette che dovranno scomparire anche dalle sale gioco entro l’agosto del 2022.

L’ipotesi di una eventuale revisione della legge, anche sulla base dei dati aggiornati al 2019 che la Provincia metterà a disposizione, è emersa oggi dalle dichiarazioni dell’assessora alla salute e al welfare, Stefania Segnana, al termine dell’audizione dedicata dalla quarta commissione ai rappresentanti del Sapar, l’associazione dei gestori delle sale da gioco. Sapar ha illustrato le ragioni degli operatori della categoria e ha invitato la Provincia a riprendere in mano la normativa da cui si ritengono ingiustamente penalizzati e di rimuovere la norma sulle distanze.

Secondo Segnana, «puntare molto sulle distanze dalle scuole è un deterrente ma non basta, per cui la politica dovrà puntare anche ad altre forme di tutela». E sull’argomento ha proposto un apposito incontro con i consiglieri provinciali.

I precedenti non sono favorevoli alle amministrazioni pubbliche: sono numerosi i ricorsi presentati dalle associazioni di categoria dei gestori e che sono stati in molti casi accolti dai giudici. A fare ordine in maniera quasi definitiva, è arrivata la sentenza del  Consiglio di Stato n. 5237 del 2018, che dichiara costituzionale il diritto delle amministrazioni di porre vincoli non al gioco in quanto azzardo, ma al gioco come potenzialmente pericoloso per la salute e l'incolumità pubblica. Rimanevano però - sia nella citata sentenza, che in altri - dubbi sull'obbligo di stare lontani da luoghi di culto, canoniche e circoli anziani. Il legislatore ammetteva quindi una protezione a tutela dei minori, ma non per quei luoghi frequentati prevalentemente "da altra fascia di pubblioc".

Rimane infine il dubbio sul conflitto fra diverse norme costituzionali, in particolare quando la cessazione della presenza di slot o altre "macchinette" da gioco comporti grave danno commerciale o addirittura la cessazione di un esercizio, e diventi nociva di una attività commerciale lecita e autorizzata dal legislatore. In sostanza: se le leggi dello Stato autorizzano le slot, può un lgislatore locale limitare tale esercizio? Una questione ancora aperta e che il Consiglio di Stato ha suggerito di approfondire in sede di Corte Costituzionale.

Caso Gregoretti, via libera dalla Commissione al processo per Matteo Salvini (con i voti leghisti)

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Via libera, poco dopo le 18, della Giunta delle immunità del Senato al processo a Matteo Salvini sull’ipotesi di accusa di sequestro di persona per il caso Gregoretti. La Giunta ha respinto la proposta del presidente Gasparri di negare la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex ministro dell’Interno. Contro la proposta hanno votato i 5 senatori della Lega, a favore i 4 di FI e Alberto Balboni di FdI. In caso di pareggio, il regolamento del Senato fa prevalere i «no».

Dopo la votazione della Giunta delle immunità del Senato sul caso Gregoretti, si esprimerà l’Aula che darà il voto definitivo. La data del voto (prevista verso metà febbraio) verrà decisa dalla conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama. È quanto emerso dalla riunione della Giunta.

«Sono un cittadino normale che ritiene che i magistrati debbano mandare in galera spacciatori e mafiosi, non ministri che hanno difeso il loro Paese». Lo ha detto Matteo Salvini, nel corso di un comizio a San Giovanni in Persiceto, nel Bolognese.

È quanto mai contraddittoria l’intera storia dell’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini per la vicenda della nave Gregoretti, prima con pareri diversi tra le procure coinvolte e poi con uno «scambio di ruoli» tra maggioranza e opposizione nel votare contro l’ex ministro dell’Interno. Questi rischia pene che vanno dai sei mesi ai 15 anni, a seconda dell’interpretazione che il Giudice darebbe in caso di condanna nell’eventuale processo, oltre che la decadenza da parlamentare in base alla legge Severino.

La nave della Guardia Costiera Gregoretti fu bloccata da Salvini a Catania, il 26 luglio scorso, e poi dal 28 al 31 luglio nel porto di Augusta, dove si era recata su indicazione del Comando generale della Capitaneria di Porto. Già allora ci fu una diversa valutazione tra Procura di Catania, che il 30 luglio fece effettuare una ispezione sanitaria sulla nave, e quella di Siracusa, che il 31 sollecitò lo sbarco dei naufraghi.

Anche a sbarco avvenuto, la magistratura ha considerato in modo diverso i fatti. La procura di Catania ha aperto subito una indagine per sequestro di persona, chiedendo però a settembre l’archiviazione «per manifesta infondatezza della notizia di reato». Il Tribunale della città etnea, dopo ulteriori indagini (e un nuovo parere alla Procura, che ha confermato la richiesta di archiviazione) ha invece deciso diversamente il 28 novembre, imputando a Salvini il «reato di sequestro di persona, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, dall’abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché di avere commesso il fatto in danno di soggetti minori di età». La richiesta di poter processare Salvini davanti al Tribunale dei ministri è giunta in Senato il 18 dicembre scorso, e il 3 gennaio è iniziato l’esame in Giunta per le autorizzazioni a procedere, nello stesso giorno in cui il leader della Lega ha presentato la propria memoria.
Secondo il Regolamento del Senato entro un mese la Giunta è tenuta a pronunciarsi, ma la data inizialmente fissata - il 20 gennaio - è stata rimessa in discussione vista la pausa dei lavori di Palazzo Madama per le Regionali. La maggioranza, favorevole all’autorizzazione al processo, ha cercato di evitare il voto in Giunta prima delle urne temendo che Salvini potesse sfruttarlo elettoralmente in Emilia, mentre lo Stesso Salvini ha chiesto di pronunciarsi per il suo processo.
E così la proposta del relatore, il presidente Maurizio Gasparri, volta a negare l’autorizzazione a procedere, è infine stata respinta grazie ai voti della Lega. Entro i prossimi 30 giorni, in Aula potrebbe dunque arrivare il sì al processo anche se, sempre secondo il Regolamento di Palazzo Madama, l’Assemblea prende semplicemente atto delle decisioni della Giunta. A meno che 20 senatori presentino una mozione di segno opposto, che a quel punto dovrebbe essere votata.

Si scaglia contro gli agenti Bloccato con spray

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Due persone sono state arrestate dalla polizia a Trento per detenzione di sostanze stupefacenti e violenza a pubblica ufficiale, nel corso di controlli disposti dal questore che hanno portato all’identificazione di oltre 50 persone.

Il primo arrestato è un cittadino algerino di 34 anni trovato in possesso in un bar di circa 50 grammi di hashish. Un secondo arresto ha riguardato un cittadino della Guinea di 21 anni che, all’esterno di un locale di via al Desert, si è scagliato con calci e pugni contro gli agenti delle volanti, intervenuti per sedare una lite. Alla fine è stato bloccato con lo spray urticante.

Ora deve rispondere di violenza, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali.

Harry vola da Meghan e Archie e racconta la sua verità «Triste, ma non c'era scelta»

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Il principe Harry è partito per il Canada per ricongiungersi alla consorte Meghan e al figlio Archie, dopo la formalizzazione della decisione concordata con la regina e il resto dei Windsor di rinunciare dalla primavera allo status di membro attivo della famiglia reale britannica assieme a Meghan. Lo riferisce il royal correspondent della Bbc Nicholas Witchell citando fonti del palazzo. Il passo indietro dei duchi di Sussex è legato alla decisione di avere una vita più tranquilla e suddividersi ora fra Regno Unito e Canada.

Ma intanto Harry ha raccontato la "sua" verità.

Un «atto di fede» e di «coraggio», concepito non senza «tristezza», ma con consapevolezza: come l’unica opzione possibile, senza alternative, sulla strada di una maggiore libertà cercata a lungo, di «una vita più tranquilla». Il principe Harry rivendica così, con parole che probabilmente sarebbero piaciute a Diana, la madre perduta quando lui aveva 12 anni, il distacco dalla famiglia reale britannica annunciato clamorosamente in questi giorni assieme alla consorte Meghan e sancito infine da un’intesa con la regina e gli altri Windsor imposta dalle convenienze di palazzo.

Ospite al vertice Gran Bretagna-Africa sugli investimenti in uno degli ultimi impegni formali in rappresentanza del casato, Harry ha avuto oggi l’occasione di un cordiale incontro a quattr’occhi con il premier Boris Johnson: il primo dopo la formalizzazione dell’addio dei duchi di Sussex allo status di membri attivi nella Royal Family a partire dalla prossima primavera, al titolo di altezze reali e alla loro quota di fondi pubblici diretti, in cambio di un futuro più «indipendente» a cavallo fra il Regno e il Canada. Ma la sua verità, dopo giorni di paginate di una stampa isolana in larga parte ostile, è arrivata ieri sera di fronte alla platea amica di volontari dell’associazione Sentebale, fondata nel 2006 in favore dei malati di aids e in memoria proprio di Lady D. E ha preso la forma di un discorso a cuore aperto.

«Voglio che ascoltiate da me la verità, per quanto posso condividere. Non come principe o duca, ma come Harry», ha esordito il secondogenito di Carlo e Diana, senza nascondere l’emozione. Il primo punto che ha voluto chiarire - lui, soldato e veterano dell’Afghanistan - è che non si è trattato di diserzione.

«Il Regno Unito è la mia casa, il luogo che amo, questo non cambierà mai. Ma per come si sono messe le cose, io e Meghan non avevamo scelta», ha spiegato. Premesso questo, non sono mancati altri puntini sulle i. A cominciare dalla difesa del proprio ruolo in una svolta rivendicata in prima persona singolare, come a voler sgomberare il campo dalle congetture sui presunti condizionamenti attribuiti (soprattutto dai tabloid) alla Markle. «La decisione che ho preso per me e mia moglie di fare un passo indietro non è giunta alla leggera. Ci sono stati mesi di discussioni, anni di sfide», ha sottolineato, lasciando chiaramente intendere di aver cercato un destino diverso a corte da ben prima del matrimonio. E di aver avuto adesso la parola finale, in una piena «condivisione di valori con Meghan».

Ha quindi precisato che la rinuncia generalizzata ai doveri reali è stata una necessità, non un desiderio. «La nostra speranza era di continuare a servire la regina, il Commonwealth e le associazioni militari, ma senza finanziamenti pubblici. Sfortunatamente questo non è possibile», ha osservato, assicurando comunque di voler restare leale alla nonna-sovrana («il mio comandante in capo») e continuare a servire il Paese attraverso le istituzioni di cui egli o Meghan rimarranno patroni a titolo individuale per «dedicare la vita a sostenere le buone cause, le associazioni di beneficenza e le comunità di reduci che sono così importanti per me».

Parole che scaldano i cuori degli estimatori - quegli estimatori il cui incoraggiamento Harry non ha mancato di richiamare con la mozione degli affetti, riconoscendo loro il merito di aver «vegliato» su di lui e di averlo «preso sotto un’ala protettrice fin da quando persi mia madre 23 anni fa» -, ma a cui si affianca l’ennesima recriminazione nei confronti dei pregiudizi che il figlio di Diana e marito di Meghan rinfaccia alla «forza potente» dei media britannici. E che in ogni caso non cancellano le code polemiche delle voci critiche.

Come quella dell’ex deputato liberaldemocratico Norman Baker, secondo cui la rinuncia dei Sussex ai fondi pubblici della propria quota di appannaggio reale (Sovreign Grant) non basterà a rassicurare i contribuenti se Harry, Meghan e il piccolo Archie continueranno a ricevere i contributi (il 95% delle loro entrate attuali) garantiti dal principe Carlo tramite il fondo del Ducato di Cornovaglia. Contributi che per i prossimi 12 mesi non risultano cancellati e andranno poi rinegoziati di anno in anno; ma ai quali sarà difficile fare a meno, in attesa di contratti con Netflix o con altri, visto che i paletti del palazzo rendono di fatto insostenibile il progetto di un libero uso commerciale del marchio appena depositato dai duchi: Sussex Royal.

Tifosi laziali con le svastiche Lotito manda il conto agli ultra della curva

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Claudio Lotito chiede i danni ai tifosi responsabili di saluti nazisti durante la partita di Europa League dello scorso 3 ottobre contro il Rennes. In data 10 gennaio il presidente della Lazio ha inviato una lettera alle persone coinvolte sottolineando come, in occasione della sfida al Rennes, «i controllori della Uefa presenti allo stadio hanno segnalato e documentato con filmati che all’84° minuto alcune dozzine di tifosi della Lazio siti in curva nord, nei settori 48b e 49b, hanno più volte esposto saluti considerati nazisti, rimanendo in quella posizione per alcuni secondi».

Per questo la Lazio fu sanzionata dall’Uefa con una multa da 20 mila euro, la chiusura della curva nord per la partita con il Cluj e la chiusura dell’intero stadio per un’altra gara, pena quest’ultima sospesa con la condizionale. «Dai filmati eseguiti dagli organi Uefa e dalle indagini di polizia conseguenti - si legge nella lettera firmata da Lotito - è emerso che Lei si è reso responsabile dei comportamenti sanzionati, per i quali è stato aperto un procedimento dinanzi alla Procura della Repubblica di Roma.
Indipendente dagli aspetti penali del Suo comportamento, da questo è derivato un grave danno economico alla società scrivente, che può essere stimato, tra mancati incassi da biglietteria e sanzione economica inflitta, in almeno 50 mila euro».

Tunnel dalla Pusteria alla Badia partono i lavori, avanti per averlo pronto in autunno

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Con il brillamento hanno preso ufficialmente il via ieri mattina i lavori di costruzione del portale sud del tunnel che fa parte della nuova strada di accesso alla Val Badia, che eviterà il ponte e l’attraversamento del paese di San Lorenzo in Sebato. L’assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreider insieme al direttore della Ripartizione infrastrutture Valentino Pagani e al sindaco di San Lorenzo di Sebato Martin Ausserdorfer ha dato in persona il via alle operazioni.

Erano presenti anche i sindaci Albert Palfrader (Marebbe), Giorgio Costabiei (San Martino in Badia), Angel Miribung (La Valle), Iaco Frenademetz (Badia) e Robert Rottonara (Corvara).

In tabella di marcia nonostante il maltempo del novembre scorso che ha provocato rallentamenti ai lavori, rendendo necessaria una messa in sicurezza supplementare procede bene. «Grazie all’ottima collaborazione fra uffici provinciali, ditte di costruzione e Comuni stiamo comunque rispettando i tempi che ci eravamo prefissati», così Alfreider.

Con la nuova strada d’accesso in futuro sarà possibile gestire meglio i flussi di traffico provenienti e diretti alla val Badia, sgravando anche la statale della Pusteria, ha sottolineato Alfreider.

La costruzione della nuova strada è parte di una più ampia riorganizzazione del traffico sull’intera zona. «Obiettivo è quello di rendere più fluido il traffico, non solo costruendo nuove strade ma anche ampliando l’offerta del trasporto pubblico di bus e treni» ha sottolineato l’assessore.

Il direttore di Ripartizione Valentino Pagani ha spiegato gli interventi condotti finora e i prossimi passi da affrontare: «La cordata composta da Strabag, Alpenbau, Moser & CO. e Geobau sta attualmente seguendo le trivellazioni per la costruzione del tunnel di 990 metri al lago artificiale sulla Rienza al Kniepass e preparando la realizzazione del ponte». Ad ora sono già 78 i metri del tunnel realizzati dalle imprese. Il progetto prevede anche la realizzazione di una pista ciclabile lungo il fiume che passerà sotto il nuovo ponte, per promuovere ulteriormente la mobilità ciclabile nella zona, è stato ricordato.

Pergine, musica e parole per la Giornata della Memoria

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È un intenso e suggestivo itinerario di musica klezmer quello proposto, in occasione della Giornata della Memoria, dalla Ziganoff jazzmer band insieme a Flora Sarrubbo lunedì 27 gennaio al Teatro Comunale di Perigine con inizio alle 21 .
Insieme alle note della formazione guidata da Renato Morelli, che unisce musicisti trentini e altoatesini, verranno lette alcune pagine selezionate da celebri volumi dei più importanti autori ebraici e non solo.

Si inizia con «Paesaggi contaminati. Per una nuova mappa della memoria in Europa» di Martin Pollack : libro che ci restituisce una mappa nuova e più veritiera di un'Europa dove i paesaggi sono contaminati e avvelenati da innumerevoli massacri messi a tacere. Nomi e luoghi che svelano segreti inconfessabili e allo stesso tempo contribuiscono alla costruzione di una memoria condivisa. Nei suoi libri Pollack getta da anni lo scandaglio nelle profondità della Mitteleuropa, dei suoi conflitti, dei suoi troppi spostamenti di confine, dei troppi orrori. Dall'Ucraina contemporanea di Pollack si passa quindi all'Ucraina del 1933, con le pagine memorabili di Vasilij Grossman sull'Holodomor, l'olocausto ucraino, quando Stalin fece morire di fame dieci milioni di ucraini; una tragedia immensa che avrà ripercussioni dolorose anche durante l'occupazione nazista della seconda guerra mondiale.

Dall'Ucraina degli anni Trenta ci si sposta alla Germania dello stesso periodo, con «Il mondo di ieri», il capolavoro di Stefan Zweig , lo scrittore ebreo austriaco, il più tradotto nel mondo a quell'epoca, le cui opere furono bruciate dai nazisti nel 1933 assieme a quelle di Thomas Mann, Sigmund Freud e Albert Einstein. Le pagine del reading riguardano in questo caso un controverso episodio musicale: Zweig era infatti il librettista «ebreo» delle opere del presidente della Reichsmusikkammer nazista: Richard Strauss. Le ultime due letture sono tratte dalle opere di Vasilij Grossman, lo scrittore ebreo russo, considerato il «Tolstoi» del ‘900.

Il pensiero di Grossman sulla più terribile fabbrica di morte nazista è distillato nelle indimenticabili pagine di «L'inferno di Treblinka» un racconto breve che fu usato anche nel processo di Norimberga proprio per la sua straordinaria efficacia. L'ultima lettura è tratta da «Tutto scorre» scritto da Grossman poco prima di morire, un romanzo breve sul ritorno dal gulag dove si parla anche dell'antisemitismo propugnato da Stalin e dall'intellighenzia sovietica nel secondo dopoguerra.


Silvia Reginali canta «evaKant»

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Ha un immaginario legato al mondo dei fumetti e ad un personaggio davvero leggendario come Diabolik il debutto discografico della cantante rivana Silvia Reginali (nella foto) racchiuso nelle note del brano evaKant.

Una canzone, prodotta nei laboratori sonori trentini della factory Art Cof.fee Project, scritta ed arrangiata da Ferdinando Corazzin con la partecipazione del pianista e cantautore Riccardo Zanetti che ha suonato alcune parti di tastiere e assoli.
La voce è quella di Silvia Reginali, nativa della Sardegna, ma residente ormai da diversi anni a Riva del Garda, che nutre da sempre una grande passione per la musica e suona la chitarra da anni come autodidatta.

La sua canzone, disponibile attualmente su tutte le piattaforme digitali, come iTunes, Amazon.com e Spotify, parla dell'eroina dei fumetti Eva Kant, la bionda e bellissima compagna di Diabolik, il personaggio dei fumetti creato negli anni '60 dalle sorelle Giussani, che dopo essere stata sempre la compagna/complice delle avventure del celebre ladro a fumetti, fasciato perennemente da una calzamaglia nera e un po' vittima del fascino diabolico del personaggio, decide di lasciarlo e di intraprendere una nuova vita da super-single e diventare lei stessa diabolica eroina senza più il peso dell'ombra di Diabolik.

Sulla sua collaborazione con Ferdinando Corazzin, racchiusa anche nella realizzazione di un videoclip lanciato su Youtube, la cantante Silvia Reginali ha raccontato: «Ho avuto la fortuna di incontrare lungo la mia strada un artista come Ferdinando Corazzin che mi ha guidato e permesso di intraprendere questa per me nuova esperienza in studio di registrazione per realizzare il mio primo singolo. Spero questo sia l'inizio di un percorso che mi porterà magari verso altri progetti e collaborazioni, sperimentando il mondo della musica e del canto che reputo davvero vasto e affascinante».

Google: rischi da riconoscimento facciale,valutiamo sviluppi

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"Vediamo che il riconoscimento facciale comporta molti rischi, perciò da parte nostra c'è un periodo di attesa fino a quando non vedremo come viene utilizzato": così il Ceo di Google, Sundar Pichai, a Bruxelles, durante una conferenza sull'intelligenza artificiale organizzata dal think-tank europeo Bruegel.

"E' importante che i governi lavorino il prima possibile a normative per affrontare" lo sviluppo e l'uso del riconoscimento facciale, ha spiegato Pichai intervenendo sull'eventualità al vaglio dell'Ue di introdurre una moratoria di cinque anni per l'uso della tecnologia nei luoghi pubblici in Europa, al fine di valutarne l'impatto e i rischi. Al momento - ha evidenziato il Ceo di Mountain View - Google non offre prodotti per il riconoscimento facciale generico perché è una delle "applicazioni ad alto rischio" che i governi dovrebbero considerare come priorità. 

"Non ho dubbi sul fatto che l'intelligenza artificiale debba essere regolata" da standard globali, per questo "l'allineamento internazionale" anche tra Ue e Usa "sarà essenziale, abbiamo bisogno di un accordo sui valori fondamentali". Lo ha detto il Ceo di Google, Sundar Pichai, intervenendo a una conferenza sull'Intelligenza artificiale (AI) organizzata dal think-tank europeo Bruegel. Pichai ha indicato il regolamento europeo sulla protezione dei dati come un modello a cui ispirarsi.

L'Ue non deve "partire da zero, le norme esistenti come il Gdpr possono costituire una base solida" anche per l'intelligenza artificiale, ha spiegato il Ceo, che auspica lo sviluppo di "un quadro normativo ragionevole" con "un approccio proporzionato", capace di "bilanciare i potenziali danni e le opportunità sociali" della tecnologia. "Quando ci sarà una regolamentazione - ha aggiunto Pichai - ci saranno organi" appositi "che avranno il controllo" dell'utilizzo dell'AI. Il ceo di Mountain View ha incontrato i vicepresidenti Ue Margrethe Vestager e Frans Timmermans, responsabili per il digitale, la concorrenza e la sostenibilità. Affinché la regolamentazione dell'intelligenza artificiale "funzioni bene, dobbiamo agire insieme", ha affermato Pichai, sollecitando una maggiore inclusione del settore privato nei progetti nazionali e il rafforzamento delle alleanze transfrontaliere.

Sale operatorie sempre più rosa, le ragazze scelgono la chirurgia

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Le sale operatorie si tingono di rosa. Dall'analisi comparativa di genere delle scelte delle scuole di specializzazione mediche riferite ai primi 14 scaglioni dell'anno 2017-2018 emerge la forte presenza delle donne in chirurgia. I dati emergono da uno studio a cura di Maria Gabriella Coppola, medico responsabile del sindacato Anaao Giovani Campania.

Ecco alcuni esempi: chirurgia toracica viene scelta dal 61,7% delle studentesse contro il 38,2 dei ragazzi; chirurgia generale dal 57,2% delle giovani contro il 42,7% dei colleghi maschi, in chirurgia vascolare 54,8% delle donne e 43,5% degli uomini; in ginecologia il 76,4% contro il 20,7%.

Non viene scalfito tuttavia il primato femminile al vertice della classifica dell'area medica: per neuropsichiatria infantile il 91,9% è scelto dalle ragazze contro 8,0% dei ragazzi, pediatria dal 73,3% contro il 25,6%, allergologia dal 73,1% contro il 12,1%, medicina d'emergenza ed urgenza dal 65,6% contro il 28,9%. Anche nell'area dei servizi la presenza femminile è in crescita e predominante. Meno attrattive per le donne invece le scuole di cardiologia, a cui si è iscritto il 58,2% dei maschi, ortopedia scelta dal 77% dei ragazzi, urologia, cardiochirurgia.

Lo studio sottolinea inoltre che il numero delle donne vincitrici di contratti di formazione è di gran lunga superiore a quello degli uomini, perché cresce il numero delle donne medico anno dopo anno e il sorpasso nella professione è solo una questione di tempo. Lo studio mette in luce un ulteriore fenomeno: quello dei decaduti, cioè di coloro che pur avendo vinto il concorso non hanno scelto la Scuola di specializzazione, con la forte prevalenza degli uomini (33,42%) rispetto alle donne (16,14%). Le cause delle rinunce sono da attribuire all'insoddisfazione di non poter scegliere la tipologia di scuola preferita, al rifiuto di sedi ritenute disagiate e costose, all'indisponibilità ad effettuare scelte residuali.

I debiti che i padri lasciano ai loro figli

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I figli del debito e le colpe dei padri

Caro direttore, incuriosito dal titolo, ho acquistato il libro «I figli del debito», del giornalista e scrittore Francesco Vecchi. Che mi permetto di suggerire. Dopo averlo letto e riflettuto sui contenuti, ora passeggiando per strada e osservando questi “giovani” d’oggi, di riflesso, mi sento a dir poco in “peccato”. Mi chiedo che parte potrei aver avuto, nella crescita di questo fardello, che stiamo portandoci addosso da tempo. Il debito pubblico? Tempo fa, non legati ancora al controllo europeo, per mantenere il consenso, la classe politica, i sindacati, hanno distribuito privilegi intoccabili (diritti acquisiti), e pensioni “facili”, dove prevaleva solo la strategia dei diritti su quella dei doveri, accumulando debito su debito, tanto da trovarsi ora a 2.400 miliardi. Tacciando il nostro Paese come un pericolo per l’economia mondiale. Come uscirne ora da questa ingiustizia generazionale? Come salvaguardare questa generazione del debito, generazione che invece dovrebbe salvare l’Italia? Non certamente con l’abbandono dell’euro. Ma col coraggio di tagliare le “unghie” a lobby e corporazioni varie. Ai troppi privilegi esistenti, a trattamenti economici ai limiti dell’esagerazione. E soprattutto, parafrasando il sottotitolo del libro («Come i nostri padri ci hanno rubato il futuro»), dico ai nostri figli, rivolgendomi alle “sardine”: scendete in piazza; non contro un odio indefinibile, ma per questo motivo a voi vitale. Salvaguardate il futuro che vi hanno rubato. Un futuro che egoisticamente vi abbiamo tolto. Scendete tutti in piazza, magari coadiuvati da altrettanti genitori in resipiscenza.

Vittorino Veronese


Patto generazionale tradito

Non ho letto il libro che lei cita, ma nel mio essere un divoratore di pagine scritte farò tesoro del suo consiglio. Penso però una cosa: che sia sempre difficile, anche se ricordiamo bene certe epoche e le stagioni “da bere” che ci hanno portato fin qui, giudicare scelte e decisioni prese in stagioni molto diverse. Le faccio un esempio. Oggi molti dicono: «Cancelleremo la Fornero» (intesa ovviamente come riforma). Ma tutti sanno bene che quella legge, per quanto dolorosa, ha tenuto in piedi il Paese. Alcune delle scelte dei primi anni Ottanta, per dire, nascevano proprio per lanciarlo, il patto generazionale, facendo andare molto presto in pensione i genitori affinché i loro figli potessero subito trovare lavoro. Quella che oggi sembra una follia al tempo sembrava un colpo di genio. E toccare i diritti acquisiti, che restano diritti anche se oggi ci sembrano solo dei privilegi, non è così semplice. La storia - a cominciare da quella economica - va sempre guardata nel suo insieme. È vero: oggi è venuto meno, per diverse ragioni, il patto fra generazioni e la generazione degli adulti paga comunque un prezzo alto, perché deve spesso mantenere i figli anche quando diventano adulti. Non è facile sistemare una casa che è quasi crollata sotto il peso dei debiti, ma c’è un solo modo per farlo: fare tutti un passo indietro per farne fare due, al Paese, verso il futuro. Ma quanti sono disposti a fare un passo indietro? Quanti se la sentono di pagare, che so, una tassa straordinaria per dare nuovo respiro alle nuove generazioni? L’Italia sta anche diventando il Paese degli egoismi e per questo è fondamentale che le Sardine scendano in piazza per opporsi prima di tutto all’odio. È un inizio. Un punto di partenza. Una brezza piena di speranza e di sana voglia di cambiare il mondo. E anche una spina nel fianco di un mondo adulto che deve considerare il tema dell’accesso al lavoro dei giovani alla guisa di un’emergenza nazionale. È difficile “rubare” il futuro ai giovani, ma in un certo senso lo si può congelare in un eterno presente, impedendogli di spiccare il volo. Ed è quello che è accaduto, purtroppo.

a.faustini@ladige.it

Anche i lupi riportano la pallina L'esperimento sui cuccioli

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Dopo 'Balla coi lupi', 'Gioca coi lupi': potrebbe intitolarsi così il breve video girato in un laboratorio svedese che mostra i primi lupacchiotti da riporto, capaci di riportare più volte la pallina lanciata dall'uomo. L'esperimento, pubblicato sulla rivista iScience, ha lasciato letteralmente a bocca aperta i ricercatori dell'Università di Stoccolma, rafforzando l'ipotesi che il comportamento non sia insorto durante la domesticazione del cane, ma che fosse innato già nei loro antenati.

L'esperimento, allestito dall'etologo Hans Temrin e dall'esperta di ecologia del comportamento Christina Hansen Wheat, non puntava a studiare esattamente la capacità di riporto dei lupi, bensì la loro socializzazione. Nell'arco di tre anni i ricercatori hanno raccolto 13 cuccioli di lupo grigio provenienti da vari Paesi europei e li hanno portati in un centro situato in una regione boschiva a Sud-Ovest di Stoccolma.

Al loro arrivo i cuccioli avevano solo 10 giorni di vita: per abituarli al contatto con l'uomo, i ricercatori sono stati con loro 24 ore su 24, dividendosi i turni, dormendo con loro nei sacchi a pelo e svegliandosi ogni tre ore per allattarli. Col passare delle settimane, alcuni cuccioli hanno mostrato la tendenza innata a riportare la pallina da tennis che veniva lanciata dall'uomo.

Incuriositi da questo comportamento, i ricercatori hanno messo alla prova tutti gli animali all'ottava settimana di vita. Uno alla volta, li hanno accompagnati all'interno di un grande stanzone, dove poi li hanno lasciati in compagnia di un umano a loro estraneo: dopo alcuni minuti, la persona lanciava la pallina per poi osservare la loro reazione.

La maggior parte dei lupi, come atteso, l'ha completamente ignorata, mentre due cuccioli in particolare, chiamati Lemmy ed Elvis, hanno riportato indietro la pallina per due volte. Un terzo lupo, di nome Sting, l'ha riportata addirittura tutte e tre le volte, come mostrato nel video.

Snippet: Wolf puppies stun scientists by playing fetch

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