Furono feriti sette operai, due mesi al responsabile tecnico

È stata identificata la famiglia del piccolo Anthony, il bimbo di 5 anni della Sierra Leone abbandonato in stato di ipotermia su un treno merci al Brennero.
Grazie all’intervento di una mediatrice culturale, che parla l’ idioma del bambino, è stata parzialmente ricostruita la storia del bimbo.
Durante un viaggio in treno - ha raccontato - ha perso i suoi genitori e la sua sorellina. Lo hanno detto in una conferenza stampa la procuratrice capo del tribunale dei minori Antonella Fava e il questore di Bolzano Giuseppe Racca.
I parenti si troverebbero in Nord Europa.
Anthony ha riconosciuto la sua famiglia su alcune foto, grazie a segnalazioni di associazioni di volontariato che operano con i migranti.
Come ha spiegato Fava, non è per il momento ancora chiaro perché la famiglia si sia divisa, a causa di una disgrazia, una svista oppure per volontà dei parenti. Sono in corso contatti della Questura di Bolzano con le forze dell’ordine del Paese del nord Europa, nel quale ora si trova la famiglia.
Anthony, per il momento, sarà dato in affidamento a Bolzano, mentre il Tribunale dei minori valuterà se la sua famiglia di origine sarà idonea a prendersi ancora cura di lui.
Anthony ha raccontato alla mediatrice culturale che parla il krio, il suo idioma, alcune tappe della sua odissea. Mentre il bimbo dice di non ricordare l’attraversata in mare, ha invece un ricordo netto del viaggio in treno con la sua famiglia. Per motivi, che il bimbo non sa spiegare, si è separato dai parenti.
Delle ultime ore prima del suo ritrovamento gli è invece rimasto in mente il grande freddo che ha sofferto.
La procuratrice capo del Tribunale dei minori di Bolzano ha stigmatizzato il comportamento di una giornalista di una testata nazionale che ieri, nonostante il diniego dei medici, si sarebbe introdotta nella stanza dell’ospedale, dove è ricoverato il piccolo Anthony. «Intraprenderemo tutti i procedimenti previsti dalla legge contro questa grave violazione nei confronti della privacy del minore», ha detto Fava.
«Mi si dice che non essendo trentino non sono in grado di comprendere i problemi della provincia e delle sue popolazioni». È il novembre 1944, sesto inverno di guerra, e il ventisettenne Andrea Mascagni, pisano di San Miniato, nome da partigiano Fausto Corsi, è il rappresentante del Partito comunista nel Cln (Comitato di liberazione nazionale) di Trento.
Chi ne chiede la sostituzione, con garbo democristiano ma con marcato pregiudizio etnico, è Nilo Piccoli, cattolico e trentino purosangue, che sarà sindaco di Trento nel dopoguerra.
L’aquila di San Venceslao assegnata dalla presidenza del consiglio provinciale di Trento alla memoria di Andrea Mascagni a cent’anni dalla nascita - per i suoi grandi meriti resistenziali, sociali, politici, culturali, musicali - ha anche il sapore di un risarcimento per quello «schiaffo» trentinistico del 1944.
Un comunista, specie poco diffusa in Trentino, e per giunta un comunista toscano. Eppure uno che, per sopravvivere in clandestinità ricercatissimo dalla Gestapo, aveva conosciuto meglio degli autoctoni non pochi luoghi del Trentino: non solo le città di Trento e Bolzano, ma anche Predazzo, Cavalese e i boschi della val di Fiemme e della val Cadino dove agiva il più organizzato ma pur sempre esiguo gruppo partigiano; le rocce del Brenta sopra Molveno dove avevano nascosto, con l’aiuto di un aviatore americano, una stazione radio; il bunker-rifugio mimetizzato a passo San Giovanni presso Riva del Garda; Avio; Ponte Arche e il Lomaso; Spormaggiore e la Val di Non. Parecchi i trentini che, nonostante non fossero comunisti, aiutarono il Corsi a nascondersi.
In queste settimane in cui i notiziari ci forniscono svariati esempi di rigurgiti neofascisti, dal saluto romano a Marzabotto alla testata di Ostia, e una parte degli italiani rivalutano manganelli e razzismo mentre troppi europei (non solo a Varsavia) si riscoprono suprematisti e antisemiti, andrebbe riletta nelle scuole l’asciutta, antiretorica relazione di Mascagni-Corsi sulla sua storia partigiana (è pubblicata, insieme a parecchie altre, nel libro della Temi «Testimonianze» a cura di Vincenzo Calì e Paola Bernardi).
Mascagni, che è stato parlamentare e riformatore della musica e si è impegnato sempre in coerenza con la sua scelta del 1943, ci ricorda che il Trentino (e ancor meno l’Alto Adige-Sudtirolo, per evidenti ragioni storico-politiche) non ha fatto i conti, fino in fondo, né con la propria fragile ma eroica storia resistenziale né con i suoi rapporti col regime fascista. Non si è compresa, fino in fondo, la natura del totalitarismo. Il fascismo è stato visto, «riduttivamente, come disordine, improvvisazione, cattiva amministrazione, negazione di tradizioni e di libertà sostanzialmente marginali, ma fortemente radicate nell’animo della gente».
Invece il giovane Mascagni, nato l’anno della rivoluzione bolscevica, aveva letto appassionatamente Marx, Lenin, Stalin e non voleva solo cacciare fascisti e nazisti ma cambiare il mondo.
Per questo ha rischiato la vita, nella resistenza. Per questo l’ha rischiata quella che diventerà sua moglie, Nella Lilli, classe 1921, un’altra non trentina (era alessandrina), arrestata due volte, che coraggiosamente resistette (rimettendoci l’udito) agli interrogatori dei volonterosi carnefici dei dittatori. Nel libro «Testimonianze» non poteva mancare la sua voce. Le sue parole finali sembrano scritte per l’oggi e andrebbero rilette da chi propaganda l’astensione dal voto come un bel gesto politico di protesta contro «i partiti che fanno tutti egualmente schifo».
Fu «un’esperienza - la resistenza - che consente di rivolgere un ammonimento a chi disprezza la politica e che in effetti la subisce. A costoro diciamo: partecipate al confronto delle idee, diversamente sarà la politica di pochi, una cattiva politica, che si occuperà di voi. Quando ve ne accorgerete sarà troppo tardi».
La Giunta provinciale ha dato il via libera al nuovo progetto di bonifica della discarica della Maza di Arco.
Il vecchio progetto, autorizzato nel 2011, con cui si prevedeva la copertura del primo lotto, non è compatibile con le nuove previsioni viabilistiche per l’area dell’Alto Garda legate alla realizzazione della «San Giovanni-Cretaccio».
Per questo motivo, l’Agenzia provinciale per le opere pubbliche, ha redatto un nuovo progetto di bonifica che prevede l’asportazione del lotto, tranne la parte della cosiddetta «Vasca Broz», che viene messa in sicurezza tramite capping. I rifiuti rimossi verranno trattati in loco.
La discarica verrà quindi successivamente stabilizzata ed inertizzata mediante calce e cemento, producendo un aggregato solido e senza cessioni all’ambiente che verrà depositato in sito al posto dei rifiuti escavati. La parte più grossolana verrà pressata e posta nel bacino del lotto 2 della discarica, completandone i volumi ancora disponibili.
Sono previsti tre anni massimi per il completamento della bonifica.
Qual è il nostro posto nell’universo? Tutte le culture, in ogni tempo, hanno tentato di rispondere a questa domanda. Oggi ci poniamo lo stesso interrogativo, ma con meno parole: siamo soli?
Di solito non c’è passo più rischioso per uno scienziato che fare generalizzazioni partendo da un solo esempio. Al momento le uniche forme di vita note nell’universo si trovano sulla Terra, ma esistono argomenti convincenti per suggerire che non siano le sole.
Molti astrofisici ritengono elevata la probabilità che la vita sia anche altrove: ci sono più pianeti nel cosmo di quanti possiamo immaginare e ritenere che la Terra sia così singolare potrebbe sembrare azzardato. In assenza di dati certi, la storia ci dice che è prudente essere guidati dalla consapevolezza che non siamo speciali: è il principio copernicano, definito per la prima volta dall’astronomo polacco Copernico che, a metà del cinquecento, spostò coraggiosamente il Sole al centro del nostro sistema solare.
Nonostante il filosofo greco Aristarco avesse già proposto questa visione cosmologica nel terzo secolo a.c., l’universo antropocentrico fu di gran lunga la visione del cosmo più popolare negli ultimi 2000 anni: codificata dagli insegnamenti di Aristotele e Tolomeo e dalla Chiesa cattolica, tutti accettavano la Terra come centro di ogni moto. Era evidente: il cosmo non solo funziona in questo modo, ma Dio lo ha fatto sicuramente così. Quando il monaco pensatore Giordano Bruno suggerì pubblicamente che un universo infinito poteva essere colmo di pianeti che ospitavano forme di vita fu arso vivo a Roma, in Campo de’ Fiori, nel 1600. Fortunatamente oggi viviamo in tempi più tolleranti: anche se non c’è garanzia che il principio copernicano ci guiderà correttamente in tutte le scoperte scientifiche, una considerazione saggia è quella di supporre che la vita nell’universo non sia immune dallo stesso principio.
Così oggi siamo alla costante ricerca di pianeti extrasolari, chiamati esopianeti, che orbitano attorno a stelle lontane e che, forse, ospitano nuove orme di vita.
L’ultimo in ordine di scoperta (sono già migliaia) è Ross 128 b, che orbita attorno a una stella distante solo 11 anni luce dalla Terra e si trova nelle condizioni ottimali per poter ospitare potenziali forme di vita: la stella del sistema è stabile, l’orbita del pianeta è regolare, la quantità di energia che riceve né troppo alta né troppo bassa. Il pianeta si trova quindi nella cosiddetta fascia di abitabilità, zona di un sistema stellare che può garantire un intervallo di temperatura per avere acqua allo stato liquido: l’eventuale presenza di vita dipende, però, dall’esistenza o meno di un’atmosfera sul pianeta. Questo è un parametro essenziale che, fortunatamente ancora per poco, non siamo in grado di rilevare.
Siamo certi che non manca ancora molto alla scoperta di un vero e proprio pianeta gemello della Terra.
L’imponente e consolidata macchina organizzativa, che ha coinvolto il Comune, Trento Fiere, l’Apt e molti altri soggetti, è pronta per garantire dei Mercatini di Natale perfetti. Durante i 49 giorni di evento spicca una novità, una prima assoluta, ovvero la Notte Bianca Invernale, in programma l’8 dicembre, prima della fiera di Santa Lucia, il fine settimana più «caldo» dell’inverno cittadino. Un’iniziativa che punta a coinvolgere giovani e famiglie, con orari allungati, musica dal vivo e una grande festa fino all’alba, in una Trento sempre più frizzante e moderna. Dal punto di vista della sicurezza e della viabilità le questioni sono due: la prima è far arrivare in maniera comoda e veloce i turisti in centro città, quindi organizzare al meglio i parcheggi, per fare in modo che una gita all’insegna dello shopping non si trasformi in un incubo di attesa per strada. La seconda è garantire la massima sicurezza alle migliaia di persone che si recheranno in città: l’allerta terrorismo è alta in tutta Europa e i mercatini sono già stati obiettivo dell’infamia dei terroristi, quindi anche a Trento sarà necessario adottare misure speciali, per garantire a tutti giornate di gioia e serenità.
La Notte Bianca.
Una serata all’insegna della festa e del divertimento, che coinvolgerà tutta la città. Le casette, sia in piazza Fiera sia in piazza Battisti, l’8 dicembre non chiuderanno alle 19.30 ma alle 23 e verranno organizzate esibizioni musicali dal vivo, regalando ai trentini e ai turisti la possibilità di stare insieme più a lungo per un brulé o un panino. Ma non finisce qui: i locali della città potranno proporre musica e servire l’aperitivo all’esterno fino alle 23, mentre all’interno potranno continuare fino alle 2. Il momento clou sarà la grande festa negli spazi di Trento Fiere in via Briamasco, che andrà avanti fino alle 4 del mattino.
I parcheggi.
Per lasciare la macchina nei giorni del Mercatino le soluzioni sono tante e quasi tutte a ridosso del centro storico. In primis ci sono le tre grandi aree, ovvero l’ex Zuffo, via Monte Baldo e l’ex Sit. Saranno aperti i parcheggi a pagamento, ovvero il Centro Europa di via Romagnosi, l’Autosilo Buonconsiglio di via Petrarca, l’area di Trento Fiere di via Briamasco, il Parcheggio Duomo di piazza Mosna, il garage di piazza Fiera, quello di via Torre Verde o il parcheggio di Palazzo Onda. Per quanto riguarda piazzale Sanseverino bisognerà tenere in considerazione la presenza del Luna Park: dal 4 dicembre inizieranno i lavori e le giostre apriranno ufficialmente l’8, restando fino al 17 dicembre, per la gioia dei bambini, meno per quella degli automobilisti.
Le scuole aperte.
Per tutti i fine settimana di novembre e dicembre una serie di istituti scolastici metteranno a disposizione i propri cortili, trasformandoli in parcheggi gestiti direttamente dagli studenti, che raccoglieranno offerte da investire poi in iniziative scolastiche. In via Brigata Aqui e via Barbacovi ci saranno i ragazzi di Iti, Pozzo e Tambosi Battisti, che apriranno il cancello tutti i sabati e domeniche (e venerdì 8 dicembre) fino al 17 dicembre. Poi spazi anche presso Da Vinci, Prati (ad eccezione di sabato 25 novembre e sabato 16 dicembre), Salesiani, Manzoni e Bresadola (queste ultime gestite da gruppi scout, parrocchia e associazioni). Aperto solo la domenica il Seminario Maggiore di via Endrici.
La sicurezza.
In città si riverseranno, soprattutto nei fine settimana di dicembre, decine di migliaia di persone. Ecco quindi che la sicurezza diventa una priorità: torneranno le barriere anti terrorismo, i cosiddetti jersey, che verranno posizionati nelle vie d’accesso di piazza Fiera e piazza Battisti, magari sotto forma di pesanti fioriere per dare meno nell’occhio. Nelle aree più difficilmente raggiungibili, ovvero in piazza Santa Maria, dove ci sarà il tendone per i bambini, e in piazza Duomo, dove ci saranno altri eventi, a partire dalla fiera e dal concerto di Capodanno, non verranno prese particolari misure, usando i mezzi delle forze dell’ordine, se presenti, come «scudi». Durante i mercatini ci saranno frequenti passaggi di vigili, sia in divisa sia in borghese, in particolare durante la fiera di Santa Lucia, quando scenderanno in strada ben ottanta uomini, sia per controllare la viabilità, sia contro le bancarelle abusive, sia per limitare i furti. Infine nelle due piazze, sorvegliate anche con le telecamere, ci saranno due postazioni fisse con personale formato che, in caso di necessità, sia in grado di gestire una situazione di panico.
Il weekend da «bollino rosso».
Il ponte dell’Immacolata, come sempre, sarà il momento clou per tutta la città: oltre ai mercatini, infatti, ci sarà la fiera di Santa Lucia, in programma il 9 e il 10, mentre l’8 ci sarà la Notte Bianca e l’inaugurazione del Luna Park. Durante la fiera la città sarà invasa con 440 bancarelle, che diventano 470 con quelle delle associazioni. E quest’anno l’area comprenderà anche la parte finale di via Verdi, tra via Rosmini e via Inama. Probabilmente meno impegnativa sarà invece la Festa d’Oro, che cadrà il 24 dicembre, con 130 bancarelle nelle vie limitrofe a piazza Duomo.
Pullman e camper.
Per quanto riguarda i camper, sono quattro le aree sosta della città. In primis la più grande, ovvero l’ex Zuffo, che ha una cinquantina di posti. Poi al campo Coni, nel piazzale Rusconi, in piazzale Sanseverino e in via Asiago. Passando ai pullman, la formula sarà sempre la stessa: per il carico e scarico dei passeggeri corsia preferenziale in via Torre Vanga, in via Clesio o in Lung’Adige Monte Grappa.
Sono iniziate le riprese della commedia "Restiamo amici", la nuova pellicola di Antonello Grimaldi, regista del film osannato dalla critica “Caos Calmo”. Il film, tratto dal romanzo di Bruno Burbi "Si può essere amici per sempre", è prodotto da Gianluca Curti per Minerva Pictures Group e Rai Cinema in collaborazione con Trentino Film Commission. Le riprese dureranno sei settimane e si svolgeranno interamente in Trentino. Michele Riondino, Alessandro Roja, Violante Placido, Libero De Rienzo e Sveva Alviti sono i protagonisti di questa avventura ricca di colpi di scena che cambierà per sempre le loro vite.
LA TRAMA
Alessandro Colonna, pediatra ospedaliero, vive con suo figlio adolescente Giacomo, da quando Maria è morta prematuramente. Amici e suoceri lo esortano: a quasi 40 anni dovrebbe recuperare lo slancio e trovare un nuovo amore. Una telefonata giunge improvvisa dal Brasile: Gigi, il suo migliore amico, è malato e chiede di lui. Alessandro, vedovo sull’orlo della depressione, si ritrova di colpo nella ridente isola di Natal. Al traguardo di una vita a cento all’ora, l’amico gli chiede aiuto. Il padre gli ha lasciato un’eredità vincolata perché destinata a un nipote. Ma lui non ha figli. Soluzione: fingere con l’aiuto di Alessandro la sua dipartita e inventarsi in Giacomo un erede. Con la sua (finta) morte potrà intestare i soldi a un figlio naturale al compimento dei diciotto anni. Alessandro è allibito: fingere che Maria abbia concepito il loro figlio con lo scapestrato Gigi? La posta in gioco sono tre milioni di euro.
Salgono a nove i magnifici chef della cucina italiana secondo la Guida Michelin. A conquistare la nona terza stella è Norbert Niederkofler (nella foto qui sotto) del ristorante St.Hubertus di San Cassiano (Bolzano) che si affianca agli altri otto grandi ristoranti italiani.
Fra chi scende, invece, il ristorante «Cracco», gestito dal notissimo chef Carlo Cracco, a Milano, che passa da due a una stella. Nell’edizione 2018 della “bibbia” della ristorazione mondiale, presentata a Parma, ci sono anche tre new entry fra le due stelle, mentre 22 sono le novità tra i ristoranti premiati con la prima stella.
Con 356 locali segnalati «stellati» l’Italia si conferma la seconda selezione più ricca del mondo.
Le altre restanti tre stelle sono Piazza Duomo ad Alba, Da Vittorio a Brusaporto, Dal Pescatore a Canneto Sull’Oglio, Reale a Castel di Sangro, Enoteca Pinchiorri a Firenze, Osteria Francescana a Modena, La Pergola a Roma e Le Calandre a Rubano.
Veronica Lario non ha diritto all'assegno di divorzio di 1,4 milioni al mese. Lo ha deciso Corte d'Appello di Milano che ha accolto l'istanza dell'ex premier di applicare la recente sentenza sull'assegno di divorzio della Cassazione per cui conta il criterio dell'autosufficienza economica e non il tenore di vita goduto durante le nozze. Il Cavaliere aveva sostenuto che la sua ex moglie con liquidità per 16 milioni, gioielli e società immobiliari, è autosufficiente.
La Lario dovrà restituire a Silvio Berlusconi circa 60 milioni di euro. È quanto si evince dal provvedimento, immediatamente esecutivo, dei giudici della Corte d'Appello di Milano in merito all'assegno di divorzio tra i due ex coniugi. Da quanto è stato riferito è stata accolta la tesi del legale di Berlusconi, Pier Filippo Giuggioli, che già prima del nuovo orientamento giurisprudenziale, poi applicato, aveva sostenuto l'autosufficienza economica di Veronica. La restituzione decorre dal marzo 2014, da quando fu dichiarato il divorzio.
I NUOVI PARAMETRI
Ecco i principali "indici" - forniti dal verdetto 11504 della Cassazione sull'assegno di divorzio - "per accertare" la sussistenza, o meno, "dell'indipendenza economica" dell'ex coniuge richiedente l'assegno e quindi l'adeguatezza, o meno, dei "mezzi", nonchè la possibilità, o meno, "per ragioni oggettive, di procurarseli. Sono quattro:
1) il possesso di redditi di qualsiasi specie;
2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri 'lato sensu' imposti e del costo della vita nel luogo di residenza, inteso come dimora abituale, della persona che richiede l'assegno;
3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro indipendente o autonomo;
4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione".
Tocca all'ex coniuge che chiede l'assegno, "allegare, dedurre e dimostrare di non avere i mezzi adeguati e di non poterseli procurare per ragioni obiettive". "Tale onere probatorio - spiega la Cassazione - ha ad oggetto i predetti indici principali, costitutivi del parametro dell'indipendenza economica, e presuppone tempestive, rituali e pertinenti allegazioni e deduzioni da parte del medesimo ex coniuge, restando fermo, ovviamente il diritto all'eccezione e alla prova contraria dell'altro" ex coniuge al quale l'assegno è chiesto.
In particolare, prosegue la Suprema Corte, "mentre il possesso di redditi e cespiti patrimoniali formerà oggetto di prove documentali, soprattutto le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale formeranno oggetto di prova che può essere data con ogni mezzo idoneo, anche di natura presuntiva, fermo restando l'onere del richiedente l'assegno di allegare specificamente (e provare in caso di contestazione) le concrete iniziative iniziative assunte per il raggiungimento dell'indipendenza economica, secondo le proprie attitudini e le eventuali esperienze lavorative".
L'uscita di Ala-Avio dell'autostrada A22 del Brennero in direzione nord sarà chiusa dalle 22 alle 5 a causa di lavori.
Lo segnala la centrale del traffico.
Le organizzazioni sindacali del Trentino e dell’Alto Adige (Filt Cgil, Fit Cisl, Uilt Uil, Ugl, Orsa e Fast) e i rappresentanti aziendali dei lavoratori hanno proclamato uno secondo sciopero di 8 ore del personale dei treni per il 6 dicembre, dalle 9.01 alle 17.
Riguarderà tutti i treni di Trenitalia in regione, fino a Verona e Bassano. Sono esclusi dallo sciopero i treni Eurocity da e per Monaco, le frecce da e per Roma e i regionali di Sad e di Trentino Trasporti.
«Dopo il primo sciopero effettuato il 7 settembre scorso con un’adesione altissima - viene spiegato in una nota - ci si aspettava che istituzioni e Trenitalia mettessero in campo provvedimenti immediati volti a salvaguardare il personale che opera sui treni e di riflesso l’incolumità dei viaggiatori.
Ma le aggressioni verbali e fisiche continuano e le soluzioni date rimangono a lungo termine (tornelli, videosorveglianza, eccetera). Quelle a breve termine, risultate efficaci, sono temporanee (squadre di controllo e antiaggressione)».
Si chiude a distanza di oltre cinque anni dal fatto il processo per l'incidente alla funivia del Ciampac in cui rimasero feriti sette operai. Ieri, a conclusione di un lungo e combattuto dibattimento, il giudice Marco La Ganga ha condannato a 2 mesi di reclusione (con il beneficio della sospensione condizionale) il solo Mauro Naletto (responsabile tecnico dell'impianto). L'imputato è stato condannato solo per le lesioni subite da quattro dei sette operai feriti; per altri tre Naletto è stato prosciolto per mancanza di querela.
Sono stati assolti invece con la formula più ampia Paolo Cappadozzi (vicepresidente e legale rappresentante della Funivia Ciampac) e Giovanni Quaglio (responsabile della sicurezza). Funivia Ciampac e Contrin spa è stata condannata a pagare una sanzione di 25.800 euro in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa delle società. Il giudice la Ganga ha di fatto accolto le richieste della pm Licia Scagliarini che, a conclusione di un'arringa durata quasi due ore, aveva chiesto la condanna del solo Naletto (6 mesi) e della società impiantistica.
Il procedimento penale si era spaccato in due. Nel marzo del 2015 Armando Dagai - manovratore della funivia del Ciampac ai comandi quando la cabina andò a sbattere contro la stazione - patteggiò 10 mesi di reclusione per lesioni colpose aggravate. Una pena tutto sommato contenuta a cui la difesa, sostenuta dall'avvocato Nicola Stolfi, arrivò facendo cadere il reato più grave, cioè l'accusa di disastro (la difesa dimostrò che non ci fu mai pericolo di caduta al suolo della cabina), e grazie agli sconti per il rito abbreviato e per il risarcito danno.
L'incidente era successo tra le 8 e le 8.10 circa dell'11 ottobre 2012. Come tutti i giorni, una squadra di operai stava salendo dai 1.500 metri della stazione a valle, tra Alba e Penìa, ai 2.160 della stazione a monte. Ma mentre la cabina stava per raggiungere la stazione a monte, anziché rallentare fino a fermarsi, aveva proseguito la sua corsa, andando a sbattere contro la parete in cemento della stazione. Rimasero feriti sette operai (già da tempo tutti risarciti): le prognosi si collocavano tra i 27 e i 72 giorni di chi aveva subito le lesioni più gravi.
Il processo è stato combattuto a colpi di consulenze e perizie tecniche. Il problema era spiegare come mai la funivia si fermò a pochi metri dalla stazione per poi ripartire ad una velocità, circa 10 metri al secondo, molto superiore a quella prevista di 2 metri al secondo.
Risolutiva doveva essere la perizia affidata dal giudice all'ingegner Giulietta di Torino. Le conclusioni della perizia, che rilevava la presenza di penalizzazioni non previste dal manuale d'uso, secondo l'avvocato Stolfi dimostrano l'estraneità della società Ciampac e Contrin a qualsiasi responsabilità nell'incidente, anche alla luce di una corretta e costante manutenzione dell'impianto riconosciuta anche dal perito. Il giudice però non è arrivato alle stesse conclusioni. Assai probabile è un secondo «round» in appello. La vicenda, insomma, potrebbe non essere ancora conclusa.
Icam, un marchio di eccellenza nella produzione di cioccolato in Italia, ha sottoscritto un accordo con Acav per realizzare il progetto S.E.T.A. (“Safeguarding the Environment Through Afforestation – Proteggere l’ambiente attraverso la forestazione”), finanziato all’80% dalla Provincia di Trento.
Il progetto prevede di distribuire a 400 piccoli contadini e contadine del West-Nile, Uganda, 286.000 piantine di cacao, mango e di essenze forestali. Altri 200 piccoli agricoltori saranno formati e seguiti per costituire vivai forestali per la produzione delle piantine.
«Questo accordo - si legge in una nota della onlus trentina - realizza una collaborazione tra un’azienda produttiva e il sistema della cooperazione, in una dimensione di sviluppo sostenibile, improntata ad un’economia attenta all’ambiente, ai rapporti di lavoro e al commercio equo».
Acav mette in rete la sua esperienza con le comunità del West-Nile ugandese e le relazioni di fiducia costruite tra i contadini e le contadine. «Grazie a queste produzioni di frutta e cacao ci sarà una nuova fonte di reddito per le famiglie e le comunità».
Non manca il richiamo e l’impegno per la salvaguardia dell’ambiente, in una regione che in meno di un anno ha accolto più di un milione di rifugiati del Sud Sudan. Piantare alberi in 800 ettari di terreno e coltivare con metodi sostenibili è anche un modo per contrastare l’impoverimento delle foreste e del suolo.
Questo accordo garantisce l’assistenza tecnica da parte di ICAM anche a conclusione delle attività progettuali, «per stabilire una relazione commerciale equa e per aprire la strada anche a nuove relazioni che potranno maturare in altre aree della regione e con altri piccoli contadini. Piantiamo speranza, coltiviamo futuro».
Nella foto Fabio Giomo (direttore di Icam Uganda) e Giorgio Boneccher (presidente di Acav)
Il boss mafioso Totò Riina è in fin di vita. Malato da tempo, è ricoverato nel Reparto detenuti dell'ospedale di Parma. Il capomafia, in coma da giorni dopo due interventi chirurgici, compie oggi 87 anni. Arrestato il 15 gennaio del 1993 dopo 24 anni di latitanza, è ancora considerato dagli inquirenti il capo indiscusso di Cosa nostra.
Riina sta scontando 26 condanne all'ergastolo per decine di omicidi e stragi tra le quali quella di viale Lazio, gli attentati del '92 in cui persero la vita Falcone e Borsellino e quelli del '93, nel Continente.
Sua la scelta di lanciare un'offensiva armata contro lo Stato nei primi anni '90. Mai avuto un cenno di pentimento, irredimibile fino alla fine, solo tre anni fa, dal carcere parlando con un altro detenuto, si vantava dell'omicidio di Falcone e continuava a minacciare di morte i magistrati.
L'ultimo processo a suo carico, ancora in corso, è quello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, in cui è imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato. Nelle ultime settimane Riina è stato operato due volte. I medici hanno da subito avvertito che difficilmente il boss, le cui condizioni sono da anni compromesse, avrebbe superato gli interventi.
Ha riconosciuto su uno foto prima sua zia, poi su un’altra i genitori e il suo volto si è illuminato. È stata così rintracciata la famiglia del piccolo Anthony, il bimbo di 5 anni della Sierra Leone trovato in stato di ipotermia su un treno merci al Brennero.
I parenti, dopo la separazione avvenuta in un contesto ancora poco chiaro, hanno proseguito il viaggio e nel frattempo sono arrivati in Germania.
Dopo giorni di angoscia e incertezze, è stata chiarita l’identità del bimbo grazie all’intervento di una mediatrice culturale, che parla il suo idioma, il krio, e grazie a delle segnalazioni di associazioni di volontariato che operano con i migranti.
Il grande freddo: è questo il ricordo più nitido che Anthony ha delle ultime ore della sua odissea, che per il momento è stata solo parzialmente ricostruita. Quella notte il termometro al Brennero segnava -4 gradi e lui probabilmente da ore era all’addiaccio. Il bimbo dice di non ricordare la traversata in mare, forse avvenuta tempo fa, visto che parla già un pò d’italiano. Anthony ha invece raccontato del viaggio in treno con i suoi genitori e la sorellina.
Come hanno spiegato la procuratrice capo del Tribunale dei minori Antonella Fava e il questore di Bolzano Giuseppe Racca, non è per il momento chiaro perché la famiglia si sia divisa, a causa di una disgrazia, una svista oppure per volontà dei parenti. Sono in corso contatti della Questura di Bolzano con le forze dell’ordine in Germania per fare un pò di chiarezza.
Ora Anthony sarà dato in affidamento temporaneo a Bolzano, mentre il Tribunale dei minori valuterà se la sua famiglia di origine è idonea a prendersi ancora cura di lui.
Fava ha poi stigmatizzato il comportamento di una giornalista di una testata nazionale che ieri, nonostante il diniego dei medici, si sarebbe introdotta nella stanza dell’ospedale del bimbo per effettuare delle riprese. «Intraprenderemo tutti i procedimenti previsti dalla legge contro questa grave violazione nei confronti della privacy del minore», ha detto la procuratrice capo. «Sono stati calpestati i diritti di un minore», ha commentato il direttore generale dell’Azienda sanitaria di Bolzano, Thomas Schael, che è in contatto con la procura della Repubblica, «al fine di valutare eventuali iniziative legali nei confronti della responsabile di tale esecrabile irruzione».
«Non può essere tollerato che a un bambino già così duramente provato venga inflitto anche il supplizio di uno scoop giornalistico», ha concluso.
È subito boom nelle richieste per accedere all’assegno unico predisposto dalla Provincia. In un mese, infatti, le domande per beneficiare del nuovo strumento sono state circa 20 mila.
I dati sono emersi ieri nel corso del convegno dedicato a «Le misure di contrasto alla povertà» promosso da Trentino School of Management LaRes (Laboratorio relazioni di lavoro e sindacali), nell’ambito del quale Roberto Pallanch, del Servizio politiche sociali della Provincia, ha indicato anche le caratteristiche del nuovo assegno unico provinciale.
Pallanch ha ricordato che i potenziali beneficiari sono 40mila nuclei in tutto e che per il 2018 la Provincia ha previsto risorse complessive per 76 milioni di euro.
L’assegno unico comprende in un solo strumento il reddito di garanzia (con una soglia Icef accresciuta a 0,16), le misure a sostegno della famiglia (soglia Icef fino a 0,30) e per il mantenimento delle persone con invalidità.
La scommessa adesso è riuscire ad intercettare le condizioni di grave emarginazione e quelle a rischio vulnerabilità. Una sollecitazione condivisa anche dal segretario generale della Cgil trentina a margine del convegno.
«Siamo soddisfatti per come è stato articolato il nuovo assegno unico - ha detto Franco Ianeselli - che qualifica ancora il nostro sistema di welfare. Il percorso non è comunque ancora concluso. Siamo convinti che questa misura si possa ulteriormente affinare sia sul piano dell’inclusione sociale per i soggetti a rischio marginalità sia a sostegno dei nuclei familiari che pur potendo contare su un reddito da lavoro rischiano di scivolare in situazioni di vulnerabilità. Uno sforzo in più si potrà fare anche per le famiglie con figli. L’informazione e la diffusione della conoscenza di questi strumenti gioca un ruolo importante. Noi siamo impegnati anche su questo fronte con tutte le sedi del patronato sul territorio».
Al centro del convegno, come detto, le misure di contrasto alla povertà. In questo quadro l’assegno unico provinciale rappresenta già una svolta importante. Tenendo conto che il significato e l’attribuzione stessa del termine «povero» è cambiata.
«In Italia abbiamo vissuto una crisi importante, che ha ridotto cinque milioni di persone alla povertà assoluta. Tutto questo ha portato ad un cambiamento vero e proprio alla concezione di povertà - ha sottolineato Cristiano Gori, professore associato di Sociologia all’Università degli Studi di Trento e coordinatore scientifico di “Alleanza contro la povertà”».
«Ora - ha poi sottolineato - la povertà taglia trasversalmente tutta la popolazione, coinvolgendo altri segmenti sociali oltre a disoccupati e famiglie con tre o più figli. Al momento, anche coloro che sono occupati ed hanno un solo figlio possono rientrare in questa categoria. Il messaggio principale può essere dunque riassunto nel fatto che la povertà riguarda tutta la società. Una situazione alla quale è necessario trovare risposte quanto prima».
Secondo i dati Ispat del 2015 erano ben il 15,8% i trentini a rischio povertà, dei quali il 5,1% in situazioni gravi. Un dato minore rispetto al 28,7% di poveri a livello nazionale, ma ugualmente preoccupante. Per questo, dal 1 gennaio 2018, in Trentino troverà effettiva applicazione l’assegno unico (nell’ambito del reddito di garanzia). A livello nazionale invece, tra la fine di agosto e quella di ottobre il foverno ha adottato il Rei (reddito di inclusione sociale), composto da un assegno mensile con importo variabile e da un progetto di reinserimento sociale e lavorativo.
«L’esperienza maturata negli anni ci ha permesso di dar vita ad un nuovo strumento, ovvero l’assegno unico provinciale - spiega Ileana Olivo, dirigente del Servizio politiche sociali - Esso rappresenta la sintesi di tutti gli interventi previsti nella nostra provincia».
Ci sono volute cinque ore di discussione in consiglio comunale ma alla fine è arrivato il via libera per incassare i 2 milioni 200 mila euro che la Comunità di Valle ha deciso di dirottare su Rovereto grazie al tesoretto del Fondo strategico territoriale. Quei soldi saranno investiti tutti nella riqualificazione dei Lavini (con lavori previsti per 2 milioni 640 mila euro). Saranno valorizzate la Ruina Dantesca e l'accesso alle Orme dei dinosauri ma, soprattutto, sarà realizzato il campo da golf da nove buche che, negli studi dell'amministrazione, dovrebbe gonfiare il Pil alla voce turismo.
L'idea di un «green» buono per gli appassionati e per i giocatori da tornei è dunque stata formalizzata e, soprattutto, dopo mesi e mesi di voci di corridoio sono stati stanziati i fondi. Certo, l'opera è solo una del pacchetto finale che, come detto, fa leva su un maxiassegno dell'ente intermedio al quale palazzo Pretorio dovrà aggiungere poco meno di mezzo milione di euro. Denari, questi ultimi, che la giunta conta di raccattare grazie agli investitori privati che sul golf ci puntano da sempre.
Ai Lavini, d'altro canto, il solo campo scuola del Golf club Rovereto sta riscuotendo un enorme successo e richiama sempre più sportivi sia canuti che in età scolare e, soprattutto, è un'importante risorsa turistica. Ma le minoranze, a palazzo Pretorio, promettono le barricate. Il golf ai Lavini, infatti, proprio non piace. Ma si contesta soprattutto il metodo della maggioranza che non ha mai coninvolto l'aula e, parole di ex sindaco Miorandi, «si è fatta gli studi in gran segreto e poi ha cammuffato il progetto in una delibera tecnica all'apparenza senza significato».
L'atto, comunque, è passato e sembra davvero un altro tassello per le buche sportive. Ai Lavini, da pochi anni, è aperto a tutti il campo pratica pubblico, uno dei pochissimi in Italia senza un padrone. All'estero, al contrario, sono tanti e i numeri dei praticanti lo confermano: in Italia ci sono 70 mila golfisti, in Austria 150 mila, in Germania 800 mila. L'intenzione, quindi, adesso è di ampliare il «green» vicino alla discarica chiusa e trasformarlo in un campo regolare con almeno nove buche. E la Comunità di Valle, tra i progetti da finanziare a Rovereto con il Fondo strategico, ha scelto proprio questo. «Per le potenzialità turistiche. - ha confermato il sindaco Francesco Valduga al consiglio comunale - Ma si tratta solo di una parte del progetto visto che i soldi saranno spesi per riqualificare l'intera area ora degradata puntando sul parco della memoria, la paleontologia con le Orme dei dinosauri, la ciclabilità e il tempo libero».
L'assessore Maurizio Tomazzoni ha ricordato invece la «scelta culturale visto che tutto è inserito nel percorso della Ruina Dantesca, assolutamente da valorizzare. Qui passerà anche la bretella alla Mira e ci saranno tracciati ciclopedonali e rilancio della zona alberghiera (ex Aragno) che è la porta d'accesso, assieme alla Baita degli Alpini, alle Orme dei dinosauri».
I Lavini occupano circa 80 ettari e al golf ne dovrebbero spettare una decina. Ma nessuna spesa è prevista per espropri visto che il «green» si prenderà terreni comunali. E per chi non gioca? «Ci sarà spazio per trekking e nordic walking».
Ha ancora un senso la sinistra oggi? Ha un senso la costruzione di un partito che viene dalla sinistra e si propone come collettore di speranze e del centrosinistra moderato?
Piero Fassino, dirigente del Partito democratico, ex ministro, ex segretario del partito e già sindaco di Torino, affronta i temi del futuro del Partito democratico italiano in un libro uscito da poco per i tipi de La nave di Teseo (272 pagine, 19 euro). Il libro Pd davvero sarà oggetto di discussione, domani, a Trento con il direttore dell'Adige, Pierangelo Giovanetti .
Fassino non deve essere superstizioso, perché il libro sarà presentato domani (venerdì 17) alle ore 17 alla sala della Sosat in via Malpaga . Al numero civico 17, ovviamente. Ma Fassino è essere razionale e lo dimostra una volta di più in questo libro in cui ricostruisce alcuni passaggi della sinistra e del centrosinistra. Egli affronta lo sviluppo della sinistra, partendo dal 1989, dalla Caduta del muro di Berlino e quindi dalla conseguente fine del Partito comunista e dalla successiva nascita del Pds.
Lungo le pagine propone anche ricette politiche di fronte allo sfarinamento della sinistra europea. E per l'ex sindaco torinese - che oggi a distanza di poco tempo dalla sua sconfitta è rimpianto per la buona amministrazione - solo il Pd può essere argine alla deriva populista e alla ricostituita destra berlusconiana e salviniana.
Il primo atto ufficiale dell’ottava partecipazione di sempre di Trentino Volley alla CEV Champions League verrà celebrato domani, venerdì 17 novembre, a Mosca. A partire dalle ore 16 italiane nella capitale russa andrà infatti in scena il sorteggio dei cinque gironi della Main Phase dell’edizione 2018 della massima competizione europea per Club, che la società di via Trener torna a disputare dopo un solo anno di assenza.
Nell’urna saranno inserite venti formazioni: le dodici teste di serie ammesse direttamente alla fase a gironi (fra cui Trentino Volley, che vi parteciperà con la denominazione Trentino Diatec) e le otto qualificate dai turni preliminari. Ognuna delle cinque pool sarà composta da quattro società. Il sorteggio inizierà definendo il raggruppamento delle otto squadre qualificate dai preliminari, successivamente poi saranno estratte le due formazioni che occupano la terza fascia tra le dodici teste di serie (Izmir e Belchatow). In seguito sarà il turno delle altre teste di serie, prima le cinque di seconda fascia (fra cui Trento) e poi le cinque di prima fascia. Teste di serie dello stesso paese di appartenenza non potranno essere sorteggiate nello stesso girone, mentre non vi sono ulteriori vincoli di nazionalità per le squadre provenienti dai preliminari.
Questa la composizione delle prime tre fasce del sorteggio:
Prima fascia: Zenit Kazan (Russia), Cucine Lube Civitanova (Italia), Halkbank Ankara (Turchia), Zaksa Kedzierzyn-Kozle (Polonia), Chaumont Vb 52 Haute Marne (Francia).
Seconda fascia: Knack Roeselare (Belgio), Berlin Recycling Volleys (Germania), Paok Thessaloniki (Grecia), Dinamo Moscow (Russia), Trentino Diatec (Italia).
Terza fascia: Arkas Izmir (Turchia), PGE Skra Belchatow (Polonia) e altre tre squadre sorteggiate fra le otto qualificate dal terzo turno preliminare.
Le otto squadre qualificate dal terzo turno preliminare: Lokomotiv Novosibirsk (Russia), Sir Safety Colussi Perugia (Italia), Fenerbahce SK Istanbul (Turchia), Jastrzebski Wegiel (Polonia), Spacer’s Toulouse Vb (Francia), Noliko Maaseik (Belgio), VfB Friedrichshafen (Germania), Ford Store Levoranta Sastamala (Finlandia).
I lombardi arriveranno a destinazione con due, forse tre anni di anticipo rispetto a noi trentini. Stando alle ultime previsioni il tratto bresciano della «Ciclabile del Garda», in fase di realizzazione tra Limone e il confine con il Trentino, sarà ultimato e inaugurato a marzo dell’anno prossimo, cioè tra appena quattro mesi.
Il percorso - di assoluto fascino paesaggistico, anche se non è mancata qualche critica per il suo impatto ambientale - terminerà esattamente a ridosso del monumento che segna il confine tra le due regioni. Cioè nel nulla, visto che dall’altra parte la ciclabile non proseguirà. Con il rischo - se non la certezza - che chi ha pedalato fin lì deciderà comunque di proseguire nel tentativo di raggiungere Riva, esponendosi ai rischi non trascurabili di una strada tutta gallerie e strettoie come quel tratto della Gardesana Occidentale.
A lavorare alacremente in questi giorni d’autunno nel tratto tra Limone e Capo Reamol è, tra l’altro, un’impresa specializzata orgogliosamente trentina, la «Georock srl» di Spiazzo Rendena.
«La consegna dei lavori è prevista per marzo - spiega Mattia Capelli, per l’impresa trentina - e noi ce la stiamo mettendo tutta per rispettare la scadenza. Si tratta di interventi in roccia molto particolari e complessi, che richiedono molto tempo. Lavoriamo tutti i giorni tranne la domenica. Finora abbiamo operatori nei tratti di scogliera esterni alle tre gallerie esistenti, perché sulla statale c’era ancora molto traffico turistico. Ora che anche gli ultimi alberghi hanno chiuso proseguiremo lavorando a lato della Gardesana. In questi giorni stiamo realizzando un ponte all’uscita nord di Limone, con due campate e un’altezza di 13 metri».
L’azienda trentina opera al pieno delle sue forze: «In questi giorni ci sono 12 specialisti sul cantiere, ma dalla settimana prossima arriveremo a 18. Stiamo lavorando alle mensole d’appoggio della passerella ciclabile, nei prossimi giorni arriveranno anche i primi cento metri di passerella vera e propria, che verrano posati pezzo dopo pezzo».
Il Trentino arriverà quindi con molto ritardo all’appuntamento di Capo Reamol. Stando alla tabella di marcia ufficializzata a settembre da Provincia e Comuni, il tratto tra Riva e il confine non sarà pronto prima del 2021, salvo imprevisti. Per l’anno prossimo è in calendario l’intervento sul primo lotto, quello più “semplice”, tra il centro città e la valle del Ponale, dove si utilizzerà il sedime dismesso della vecchia Gardesana.
I guai - progettuali e realizzativi - inizieranno dopo, quando si dovrà andare in scogliera come hanno fatto i lombardi. Resta tutto da definire, programmare e progettare, invece, il tratto orientale: quello da Torbole a Navene.