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Esame d'inglese col trucco Studentessa nei guai

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Non riusciva a superare l’esame di lingua inglese. Una studentessa africana iscritta a Sociologia, con ottimi risultati in tutte le altre materie, proprio non riusciva a passare la prova di lingua.

Presa dal panico perché rischiava di perdere la borsa di studio e l’alloggio, scelse una scorciatoia illegale per superare l’ostacolo, l’ultimo che la separava dalla laurea triennale: chiese la collaborazione di un’amica che sostenesse la prova al suo posto.

Ma il trucco venne smascherato e quel maldestro tentativo di superare l’esame di fatto le è costato il permesso di soggiorno compromettendo anche la possibilità di ottenere la laurea specialistica.

Dopo che il Tar ha respinto il suo ricorso, la prospettiva di lasciare Trento dopo anni di studi è infatti concreta. La ragazza era arrivata in Italia con un visto per motivi di studio nel 2011 e si era iscritta a Sociologia ad un corso di studi internazionale. Il suo percorso accademico per qualche anno è stato regolare, anzi per molti aspetti esemplare. La studentessa macinava esami con buoni voti tanto da guadagnarsi e mantenere il diritto alla borsa di studio.

Giunta in vista della laurea triennale, con la tesi già scritta, la ragazza è inciampata: per due volte non ha superato la prova di inglese. Rischiava dunque di perdere tempo prezioso e con esso l’assegno di studio e l’alloggio. Ma il trucco di farsi sostituire si è rivelato catastrofico.

Scoperta, la ragazza è stata sospesa dall’Università. Così ha fatto ritorno a casa dove, presso una scuola internazionale, ha continuato a studiare inglese ottenendo infine una certificazione.

Rientrata in Italia, la ragazza ha scoperto però che l’esame d’inglese superato in Africa non le veniva riconosciuto dall’Università di Trento. Inoltre la Questura nel frattempo aveva respinto, ritenendole irricevibili, due richieste di permesso di soggiorno presentate dalla studentessa nel 2015 e nel 2016.

Il diniego era dovuto al fatto che nel 2015 la ragazza non risultava iscritta all’università perché sospesa e ovviamente non aveva superato esami. A nulla valeva la circostanza che la studentessa l’anno precedente, cioè nel 2014,fosse stata un fulmine superando ben 8 verifiche.

Ancora una volta la ragazza, nel frattempo riammessa agli studi dall’Università, rischiava di veder svanire la laurea che sembrava di nuovo a portata di mano. In assenza del permesso di soggiorno la studentessa doveva infatti lasciare il Paese. Provvidenziale invece si è rivelato il ricorso al Tar presentato per conto della studentessa dall’avvocato Svetlana Turella.

Il Tar, infatti, nel luglio scorso ha accolto la richiesta di sospensiva. In questo modo l’aspirante sociologa ha avuto la possibilità di rimanere in Italia fino a conclusione del giudizio amministrativo.

Mesi preziosi che la giovane ha sfruttato al massimo: ha superato la fatidica prova di inglese, ha ottenuto gli ultimi due crediti che ancora le mancavano ed ha conseguito la laurea triennale. Si è poi gettata a capofitto nello studio superando anche i primi esami della laurea specialistica.

Ieri, però, è arrivata una nuova doccia fredda: il Tar ha depositato la sentenza che respinge il ricorso contro l’annullamento dei due dinieghi venuti dalla Questura. I giudici - che ovviamente hanno affrontato la questione su un piano giuridico e non umano - hanno stabilito che nel 2015, l’anno della sospensione e del ritorno in Africa, la studentessa non aveva i requisiti per il permesso di studio.

Cosa accadrà ora? I margini di manovra per la studentessa e il suo legale sono molto stretti: potrebbe tentare la strada, in salita, di un ricorso al Consiglio di Stato. È concreto anche il rischio che la ragazza debba abbandonare i suoi studi e l’Italia. Sarebbe un peccato.


Minacce al marito con foto di armi

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Lui, lei e l’amante. Il più classico dei triangoli si ripropone anche in tribunale in un procedimento penale che vede il nuovo compagno della donna accusato di minacce. Quest’ultimo avrebbe invitato il marito a non interferire nel rapporto e per essere più convincente avrebbe inviato via sms anche le foto di due coltelli e una pistola accompagnati da frasi minacciose. Il marito però non si è fatto intimidire e ha sporto querela.

Il fatto risale al marzo dell’anno scorso. Il marito evidentemente non si era rassegnato alla conclusione del rapporto con la moglie. Sin qui siamo nei confini di una normale, e dolorosa, crisi coniugale.

Secondo l’accusa, ad alzare i toni sarebbe stato il nuovo compagno della donna. Questi, si legge sul capo di imputazione, «con alcune telefonate e messaggi minacciava gravemente di un male ingiusto (omissis) con la cui moglie aveva una relazione affettiva».

Verso la fine di marzo 2016 l’imputato avrebbe minacciato il marito dicendo: «Lasciaci in pace, stai attento a farti vedere in giro altrimenti di mando il...». Segue il nome di una persona evidentemente nota per i suoi metodi poco amichevoli.

Come fonte di prova a carico dell’imputato ci sono anche due sms inviati dal nuovo compagno al marito. Colpiscono soprattutto le foto di armi allegate: due coltelli e una pistola.

I toni si fanno pesanti. Le frasi incriminate sono in particolare due, in dialetto trentino ma comprensibili da chiunque: «Ocio brut bastardo fa la pianzer ancora vegno a torte, finisela son al limite. E ancora: Ocio che su nel bosc ghe ne post anca per ti».

Il processo in Tribunale a Trento è stato rinviato per esplorare la possibilità di una remissione di querela che chiuderebbe il processo con una sentenza di non luogo a procedere. L’imputato è difeso dall’avvocato Claudio Tasin. Il marito è costituito parte civile.

Al Muse va in scena la «Sesta Estinzione»

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«La sesta estinzione», vincitore del premio Premio Pulitzer 2015, di Elisabeth Kolbert, sarà al centro del primo di un ciclo di quattro incontri, « Incroci di pagine», ispirato ai temi sollevati dalla mostra «Estinzioni. Storie di catastrofi e altre opportunità» al Muse di Trento.

Da marzo a giugno ogni mese un libro di recente pubblicazione diventa il punto di partenza per innescare nuovi orizzonti di senso e prospettive su temi di forte attualità legati alla salute e al futuro del nostro pianeta.

Quattro i libri scelti per tracciare un percorso che si chiarirà con sempre maggiore precisione di mese in mese: La Sesta Estinzione. Una Storia innaturale di Elisabeth Kolbert (16 marzo, ore 18.00), Blue Economy 2.0 (20 aprile, ore 18.00) dell’economista e imprenditore belga Gunter Pauli, Sono Dio (11 maggio, ore 18.00) dello scrittore e agronomo Giacomo Sartori e Il Significato dell’esistenza umana (8 giugno, ore 18.00) del biologo statunitense Edward Osborne Wilson.

Il primo appuntamento, giovedì 16 marzo alle 18,vedrà confrontarsi, portando la propria storia professionale e il proprio mondo culturale, Pierangelo Giovanetti, direttore dell’Adige e Massimo Bernardi, paleontologo del MUSE.

Scrittrice e giornalista, Kolbert segue per il New Yorker il tema cambiamenti climatici e del riscaldamento globale. «La Sesta Estinzione», uno strabiliante successo al suo apparire negli Stati Uniti, ripercorre la storia delle Big Five, le cinque grandi estinzioni di massa che hanno interessato il nostro pianeta, per gettare una luce su un altro allarmante evento di cui gli esseri umani sembrano essere i protagonisti: «La Sesta Estinzione».
 
Il libro si sviluppa in tredici capitoli, ognuno dei quali segue le vicende di una specie sotto certi aspetti emblematica: il mastodonte americano, l’alca gigante, una ammonite scomparsa alla fine del Creataceo, in contemporanea con l’estinzione dei dinosauri. Dalla foresta pluviale amazzonica alla cordigliera delle Ande, dalla Grande Barriera Corallina alla scomparsa di organismi che fino ad oggi hanno abitato il giardino di casa, dalle coste delle Galapàgos, fino a quelle delI’Islanda: taccuino alla mano Kolbert si reca di persona in questi luoghi, costruendo un avvincente racconto in cui all’entusiasmo per le nuove, recenti conoscenze sull’argomento, si unisce la consapevolezza del cruciale ruolo giocato dall’uomo nella sempre più rapida e inarrestabile scomparsa di intere specie viventi.

Dopo gli incontri speciale aperitivo al MUSE Cafè e la degustazione offerta da EcorNaturaSì.

Incroci di pagine è un progetto legato alla mostra Estinzioni. Storie di catastrofi e altre opportunità, al MUSE fino al 26 giugno 2017.

INCROCI DI PAGINE – SPECIALE ESTINZIONI

16 marzo, ore 18.00
Passato estinto?
Il libro: La sesta Estinzione, E. Kolbert, Neri Pozza
Massimo Bernardi - paleontologo, MUSE - Trento
Pierangelo Giovanetti - giornalista e direttore del quotidiano l’Adige

PROSSIMI INCONTRI

20 aprile, ore 18.00
Il capitale naturale
Il libro: Blue Economy 2.0, Gunter Pauli, Edizioniambiente

11 maggio, ore 18.00
Ecosocietà
Il libro: Sono Dio, G. Sartori, NN Edizioni

8 giugno, 18.00
C’è un senso?
Il libro: Il significato dell’esistenza umana, E. O. Wilson, Codice Edizioni.

L'ultimo saluto a Maurizio Forti

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Sulle note di «Wish you were here» dei Pink Floyd, del «Suonatore Jones» di De Andrè e della «Canzone per un'amica» dei Nomadi, una marea silenziosa di persone ha voluto portare l'ultimo saluto a Maurizio Forti, di Romagnano, durante la cerimonia laica di ieri mattina al cimitero di Trento.

Lavoratore nel settore agricolo biologico, sul quale aveva fondato ed ampliato un'azienda, ma soprattutto amante della vita, delle sue molteplici sfumature, del viaggio e della scoperta. Proprio questa passione però, paradossalmente, lo ha strappato dalle braccia dei suoi cari, rendendolo partecipe del viaggio più misterioso, quello dal quale però non si può fare ritorno.

Un attimo, racconta l'amico Enzo Forti con il quale Maurizio stava condividendo l'esperienza in Marocco, un istante infinito. Lo schianto e l'immediata percezione della gravità della situazione. In più, come se non bastasse, il viaggio stava ormai giungendo al termine, dato che Maurizio ed Enzo avrebbero dovuto riconsegnare le moto prese a noleggio da lì a poco, a coronamento di due settimane su un percorso studiato, preparato nei minimi dettagli, in sella ad una moto che avrebbe dovuto portarli lontano.

Già, la moto. La grande passione di Maurizio, che con numerosi amici ha condiviso strade e sentieri, come ricorda l'amico Paolo Postal: «Insieme abbiamo girato l'Italia, ma anche l'Austria e la Svizzera. Una persona nata per esplorare e scoprire il mondo. Viveva con la curiosità di sapere cosa lo circondava, lo ricorderemo come una persona che, in ogni aspetto della propria vita, saliva in sella ad un'opportunità e la rendeva propria».

Maurizio era anche membro del consiglio direttivo della Confederazione italiana agricoltori, e anche il presidente, Paolo Calovi, ha voluto ricordarlo: «Abbiamo condiviso tanto insieme, molti momenti in compagnia. Intelligenza, ironia e felicità caratterizzavano Maurizio. Una colonna portante nella nostra organizzazione, una stella polare nelle difficoltà. Ora da lassù ci proteggerai, con il sorriso che sempre hai saputo regalarci, in ogni momento».

Se ne è andato cosi dunque una figura simbolo di Romagnano, che ha saputo chiamare a raccolta nell'ultimo saluto praticamente tutto il paese, grandi e piccini, amici storici e conoscenti. «Ci hai lasciati facendo ciò che amavi di più - conclude in lacrime l'amico e compagno di viaggio Enzo. - Non dimenticherò mai quel momento, uno schianto che in pochi secondi ti ha tolto ingiustamente la vita».

Maurizio, che ha lasciato la moglie Manuela, i figli Miro e Eleonora e la sorella Daniela, rivolge cosi un ultimo saluto alla vita all'età di 62 anni, troppo presto per chi sicuramente aveva ancora molto da scoprire, da vedere, da vivere. Ma rimarrà ugualmente nel cuore di tutti, con le parole che in quella tanto tragica quanto emozionante «Canzone per un'amica», recitavano: «Voglio però ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi, voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi».

Tosi: ho una calibro 45 pronta sul comodino

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«Dormo con una pistola sul comodino, è una calibro 45. Quanti proiettili? Una decina, ma tanto non ne servono mica dieci se succede qualcosa in casa. Se succedesse, vuol dire che uno ti è arrivato in casa, e se uno ti arriva in casa di notte, credo che gli tiri al corpo».

Lo ha detto il sindaco di Verona, Flavio Tosi, intervenendo oggi alla trasmissione di Rai Radio1 «Un giorno da pecora».

Tosi, leader di «Fare!», ha spiegato così la scelta di tenere una pistola a portata di mano: «perché se mi arriva qualcuno in casa difendo me e la mia famiglia. Ho le inferriate e anche l’allarme, perché spero proprio che nessuno mi entri mai in casa, ho fatto di tutto per evitare che questo possa succedere».

La pistola, precisa, «non ha colpo in canna, perché sarebbe pericoloso, ma è carica ovviamente».

Alla domanda dei conduttori sul perché mirare al corpo, Tosi ha risposto: «Vuol dire che gli tiri al busto. Se ti arriva lì in casa, vuol dire che ce l’hai a tre metri».

Ma si può mirare alle gambe...? «Non è questione di gamba, è questione che ti difendi. E quando ti difendi da uno che ti è arrivato in casa, e quindi è immaginabile sia pericoloso, perché nonostante allarme e sbarre ti entra in casa di notte...».

Roma, lite fra tassista e autista Resta 2 km aggrappato al cofano

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«Ancora non ci credo che possa essere successo. Ero con altri colleghi a Largo di Torre Argentina, al posteggio, quando una macchina ha fatto salire davanti a noi una ragazza. Allora mi sono messo davanti a quella macchina che aveva un’autorizzazione di un comune calabro e ho detto all’autista: falla scendere, tu non puoi caricare qui. L’autista non mi ha risposto, ha ingranato la prima ed è partito. Mi ha investito, mi sono sentito mancare le ginocchia, sono finito sul cofano e ho cominciato a urlare quando è partito».

A parlare è Roberto, il tassista protagonista di una lite con un ncc la notte scorsa a Roma.

«Io avevo paura - aggiunge - perchè quell’uomo non ha rispettato i semafori rossi su corso Vittorio Emanuele e Ponte Umberto, correva con me sul cofano. Anzi, aspettavo i semafori per poter scendere, ma non è successo e per ben due chilometri ho rischiato di cadere o di essere sbalzato via da un’altra macchina, visto che l’autista non rispettava i semafori. Mi tenevo stretto al cofano e ai tergicristalli perchè andava forte. La macchina si è fermata solo perchè fortunatamente c’era la Polizia a via della Conciliazione. Quando sono sceso ho detto all’autista: hai rischiato di ammazzare una persona per qualche euro».

Roberto è ancora scosso: «Sono un padre di famiglia, ho una bimba di 4 anni, non avrei mai dato vita a una colluttazione. La sua macchina non l’ho toccata, lo possono testimoniare le telecamere sulla piazza. La licenza taxi non è nemmeno mia, sono in affitto. La situazione è invivibile, siamo passati da quando i noleggiatori di fuori Roma si nascondevano per lavorare a ora che ti investono pure. Si comportano come se facessero trasporto pubblico. La Lanzillotta non capisce che non si può lavorare così».

Dieselgate: Ue, accordo Italia-Germania su Fiat 500X

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Germania e Italia hanno trovato un accordo sulle misure per il modello Fiat 500X diesel, il cui livello di emissioni è stato contestato da Berlino. Lo ha annunciato all'ANSA la Commissione Ue, che ha svolto un ruolo di mediatore che si è concluso il 14 marzo con il raggiungimento di una "comune intesa" tra i due Paesi "sulla necessità di prendere misure". Bruxelles, però, avverte che "questo non pregiudica il suo ruolo di guardiana dei Trattati" se le regole Ue in materia non sono correttamente applicate.

"Dal momento che Italia e Germania hanno trovato un'intesa comune sulla necessità di prendere misure e l'Italia ha fornito informazioni sulla campagna servizi avviata da Fiat nel 2016 sulla 500X 2.0L Diesel, la Commissione ha concluso il suo esercizio di mediazione il 14 marzo", ha sottolineato una portavoce della Commissione, ricordando i due incontri avvenuti a Bruxelles il 4 novembre e il 2 febbraio scorsi. 

Questo, però, ha avvertito, "non pregiudica il ruolo della Commissione come guardiana dei Trattati" per cui "se e quando la Commissione ha ragione di ritenere che la legislazione Ue non sia correttamente applicata, i Trattati Ue forniscono gli strumenti legali che consentono alla Commissione di assicurare il rispetto degli obblighi", ovvero tramite l'apertura di una procedura d'infrazione. 

Bruxelles, infatti, ha svolto il ruolo di mediatore nella disputa tra Germania e Italia, non di arbitrato, e questo ha riguardato non la conformità o meno dei modelli Fiat alle regole Ue ma solo le misure di rimedio che la Germania ha chiesto all'Italia, che ha omologato i modelli Fiat il cui livello di emissioni NOx è stato messo in questione dal ministero dei trasporti tedesco. 

"Il dissenso riguardava le azioni rimedio necessarie", mentre "la conformità vera e propria della Fiat 500X Diesel alle regole di omologazione Ue non è stato oggetto della procedura di mediazione", ha infatti precisato la portavoce, che ha sottolineato l'importanza che i 28 accelerino sull'adozione delle nuove norme di omologazione proposte da Bruxelles. In base alle attuali regole, spetta allo stato membro che ha omologato un modello auto portare rimedio in caso un altro stato membro contesti l'omologazione. Bruxelles può solo mediare, e così ha fatto su richiesta del ministero dei trasporti tedesco inoltrata lo scorso 2 settembre.

Ben Affleck: basta alcol, sarò un buon padre

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L'attore e registra Ben Affleck ha affermato in un post su facebok di avere concluso il trattamento di disintossicazione dall' alcol a cui si era sottoposto, lasciando anche la regia di 'Batman', di cui però è ancora protagonista. Nel post Affleck afferma che questo è solo il primo di molti passi verso una guarigione positiva. Ha poi aggiunto che vuole essere il miglior padre possibile e spiegare ai suoi figli che non bisogna vergognarsi di chiedere aiuto.

Ha infine ringraziato Jennifer Garner per il suo sostegno e per essersi presa cura dei loro tre figli. I due sono separati da quando hanno annunciato il loro divorzio nel 2015, che non hanno però mai formalizzato. Affleck si era già sottoposto ad un trattamento contro la dipendenza dall' alcol nel 2001. 


Uno spazio più adeguato per accompagnare chi sta morendo

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Gentile direttore, scrivo per portare all'attenzione del personale sanitario e dei dirigenti interessati un tema delicato: il morire.

Circa un mese fa mio padre, Adriano Rizzoli, ricoverato in cardiologia a Trento, ha subito un'emorragia cerebrale.

È stata un'emorragia cerebrale talmente estesa da condurlo in pochi giorni alla morte, senza che egli abbia mostrato alcun segno di recupero. I riflessi, come ci hanno spiegato i dottori, erano pressoché inesistenti fin da subito.

La situazione «molto drammatica», «tragica».

In altre parole, mio padre si avvicinava a passi svelti al momento del trapasso.

Voglio dire a chiare lettere che è stato curato con grande professionalità e attenzione. Il personale si è dimostrato preciso, disponibile, chiaro nelle comunicazioni, con punte di sincera empatia su uno sfondo di umanità palpabile.

Ma una persona che sta a tutti gli effetti morendo andrebbe accompagnata in un contesto intimo, riservato, possibilmente personalizzato: un fiore, la sua musica preferita (è vero che l'encefalogramma dava segnali minimi, ma non si sa mai), una candela colorata.

Non in uno stanzone - per quanto dotato delle migliori tecnologie - con altri nove pazienti, dei quali alcuni sono lì per guarire, altri, la minoranza, per andarsene.

Di certo ci sono motivazioni operative per sostenere la scelta di raggruppare tutti i pazienti di rianimazione in un unico spazio. Efficienza, massima organizzazione, funzionalità.
Ma possono eventi come il morire (e il nascere, ad esempio) essere sottoposti alla logica di un paradigma incardinato su meri costi e benefici?

A mio parere, no. Essi richiedono qualcosa di più, anzi proprio di altro rispetto a questo, ovvero di considerare anche l'aspetto che alcuni definirebbero «sacro», altri semplicemente personale e profondamente intimo, oltre la razionalità.

Avrei voluto potermi sdraiare a fianco di mio padre, sentivo il bisogno di tenerezza. Parlargli ad alta voce, con il tono di una normale conversazione. Massaggiargli i piedi senza temere di essere osservata. Forse avrei voluto chiamarlo a gran voce, forse un pianto più libero mi avrebbe permesso di sgravarmi ogni tanto di tensioni accumulate, durante quelle lunghe ore troppo brevi.

La mia domanda: è pensabile dare l'opportunità di diversificare i percorsi per pazienti in gravissime condizioni e altri che hanno ottime chance di guarigione?

I casi della vita, si sa, sono imprevedibili, ma sono sicura che considerando l'importanza dell'evento morte - non una malattia inguaribile, ma un fatto della vita - le persone competenti in merito potrebbero apportare alcuni miglioramenti gestionali.

Grazie a tutti quelli che hanno svolto il loro compito con amore. Quell'amore ha comunque arredato il bianco stanzone della rianimazione e sparso un po' del suo profumo ovunque.

Dominik Paris vince la libera di Aspen Fill è secondo: sua la Coppa di discesa

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Trionfo degli uomini jet azzurri alle finali di Coppa del Mondo di sci alpino ad Aspen.

L’azzurro Peter Fill ha infatti vinto per il secondo anno consecutivo la Coppa di discesa libera, un’impresa assolutamente senza precedenti visto che già il suo successo della passata stagione era stato il primo nella storia dello sci italiano. Fill c’ è riuscito arrivando 2°, dietro al compagno azzurro Dominik Paris, in 1.33.15 nell’ultima discesa alle finali di Cdm di Aspen e guadagnando così 80 punti che gli hanno consentito di sorpassare il norvegese Kjetil Jansrud.

Il norvegese aveva 33 punti di vantaggio sull’italiano ma oggi si è piazzato solo 11° in 1.33.61 incassandone 24. Per cui Fill ha vinto la Coppa con 454 punti contro i 431 del norvegese.
Ma non è tutto, per questa eccezionale giornata dell’Italia jet: sul gradino più alto del podio è finito l’altro altoatesino Dominik Paris in 1.33.07. Per Paris, 27 anni, questo significa non solo l’ottavo successo in carriera ma anche un prestigioso terzo posto nella classifica di disciplina e dunque un posto sul podio di fine stagione.

Il terzo posto nell’ultima discesa è andato allo svizzero Carlo Janka in 1.33.25. Il primo ed il secondo posto di oggi portano l’Italia a 37 poi stagionali, ormai vicinissimi al record di 38 della stagione 1996-97. Domani tocca al superG la cui coppa di disciplina è stata già vinta in anticipo a Jansrud.

Trentino, inglese e tedesco alle materne e al nido Ok del Consiglio di Stato, riparte il trilinguismo

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È ripartito il progetto di accostamento linguistico a tedesco e inglese di altri 100 tra asili nido e scuole materne. Dopo la vittoria al Consiglio di Stato che aveva sbloccato il bando triennale per il trilinguismo per i bambini della fascia da 0 a 6 anni, l'altro ieri sono diventati operativi i 63 assistenti linguistici selezionati dai vincitori della gara della Provincia, ossia la trentina Isit (Istituto per interpreti e traduttori) e la Cieffe.

«Siamo riusciti a ricontattare 63 persone - afferma Davide Defant responsabile di Isit - e a avviare da questa settimana l'accostamento linguistico nelle scuole e negli asili nido che erano previsti». Inizialmente c'era un contingente di 70 assistenti linguistici che era stato selezionato per coprire circa 100 scuole materne e asili. Ma, dopo la vittoria di Isit e Cieffe srl, i ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato hanno causato un ritardo di circa sei mesi sulla tabella di marcia e alcune delle professionalità che erano state convinte a partecipare alla seconda fase del trilinguismo per gli asili nido e le scuole materne della provincia avevano cercato e trovato, nel frattempo, un'altra occupazione.

Uno dei problemi maggiori, confemano all'Isit, è stato proprio quello di arrivare a ricontattare le persone selezionate in precedenza o nuove professionalità in sostituzione di quelle che avevano trovato un'altra occupazione. Ma, alla fine, dopo alcune settimane dalla prima riunione dopo la sentenza del Consiglio di Stato a fine gennaio, Isit e Cieffe, assieme alla Provincia, sono riusciti a contrattualizzare 63 assistenti linguistici. Grazie al fatto che molti di questi ultimi sono stati assunti con un contratto orario a tempo pieno, di fatto, spiega Defant, «è come se avessimo a disposizione 70 persone».

Visto che i nuovi assistenti linguistici sono inseriti a progetto educativo in corso, sia negli asili sia nelle scuole materne, per quest'anno il loro compito, spiega Defant, di «intervenire in punta di piedi, affiancando gli educatori, per l'accostamento dei bambini alle lingue. Dal prossimo anno scolastico, quando si avvierà l'iniziativa con il mese di ottobre potremo mettere in pratica il progetto educativo che abbiamo presentato».

Le 100 scuole materne e asili nido che vengono coinvolti dall seconda fase si aggiungono a quanto già messo in campo sul fronte del trilinguismo per le fasce da tre a sei anni in Trentino.
Per quanto riguarda le scuole materne già attivate, come previsto è l'inglese, anche se di poco, la lingua maggiormente insegnata, visto che l'accostamento linguistico pari ad almeno 4 ore a settimana per bambino è praticato in 70 scuole su 149, ovvero nel 51% circa del totale.

In 63 scuole materne è stato scelto il tedesco, mentre 16 scuole materne hanno avviato l'accostamento di entrambe le lingue straniere. Lo sblocco dell'immissione di 70 assistenti linguistici nelle scuole materne e negli asili, permette come detto di estendere l'insegnamento di tedesco o inglese in molte altre strutture della provincia. La Provincia, tra l'altro, ha sott'occhio l'andamento della situazione praticamente in tempo reale. Il monitoraggio è costante e, assieme a partner come Ca' Foscari, si verificano gli apprendimenti linguistici dei piccoli alunni.

Il piano trilinguismo, ricordiamo, rappresenta una delle scommesse più importanti della giunta guidata da Ugo Rossi.

Il piano straordinario di legislatura per l'apprendimento delle lingue comunitarie «Trentino Trilingue» serve a creare un sistema progressivo che accompagnerà i ragazzi trentini verso l'età adulta e il mondo del lavoro, con un approccio interculturale, «che favorirà, assieme all'apprendimento delle lingue straniere, anche lo sviluppo di un'attitudine all'apertura e al confronto» spiega la Provincia.
Iniziare, quindi, con i bambini dell'asilo nido ed accompagnarli, scuola dopo scuola, fino all'università, per creare un ambiente in cui comunicare in tre lingue - italiano, inglese e tedesco - sia naturale. Sul piatto la Provincia ha messo oltre 30 milioni di euro per il triennio che, entro il 2018, deve portare a regime il piano.

Costi della politica, bocciata in Regione alla legge popolare promossa dalle Acli

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Il consiglio regionale ha respinto i due disegni di legge sulle indennità, presentati dalle Acli e dal consigliere Rodolfo Borga (Act).

L'orientamento negativo era stato anticipato ieri ai vertici delle Acli trentine in un incontro con i presidenti dei gruppi politici del consiglio regionale, nel quale nessuno - né di maggioranza né di minoranza - ha detto di condividere nel merito il disegno di legge e di essere pronti a votarlo.

Anche il capogruppo dei 5 Stelle, Paul Köllensperger, che ha detto che il movimento rispetta le iniziative popolari ma ha perplessità nel merito della proposta.

Insomma, nel giro di tavolo durato circa un'ora e mezza i capigruppo hanno spiegato perché - chi più chi meno - non condividono i nuovi tagli di indennità, vitalizi nonché la soppressione della nuova pensione complementare e di tutti i finanziamenti ai gruppi regionali, sia per l'attività che per i collaboratori (l'abolizione dei fondi ai gruppi è la stessa norma che era contenuta nella riforma costituzionale bocciata dal referendum del 4 dicembre scorso).

Le chiusure maggiori sono giunte dai gruppi altoatesini, con la Svp in testa, per i quali sul tema dei costi della politica non c'è più nulla da discutere perché così si mette in discussione la dignità della politica e dei politici.

Dal Trentino, invece, Alessio Manica (Pd) e Gianpiero Passamani (Upt) hanno teso una mano alle Acli proponendo in alternativa al disegno di legge, per non buttare via le 10 mila firme raccolte e dunque non lasciare cadere il tema, di dare vita a un tavolo di discussione per individuare insieme possibili punti sui quali intervenire per ridurre i costi della politica.

«Come Pd e Upt - spiega il capogruppo Passamani - abbiamo lasciato una porta aperta per discutere su un disegno di legge che non può essere però questo».

«Noi abbiamo detto - aggiunge Manica - che se il messaggio del disegno di legge delle Acli vuole essere quello di ridurre la distanza tra politica e cittadini, meriterebbe non lasciarlo cadere confrontandoci su un tavolo per elaborare una nuova proposta. Ma mi è sembrato che le Acli non abbiano intenzione di ritirare il loro disegno di legge che sarà dunque bocciato senza passare neppure all'articolato».

Il Patt, a differenza delle altre due forze politiche di maggioranza, si è mantenuto più sulle posizioni della Svp, ovvero di chiusura rispetto alla prospettiva di tornare a discutere di riduzione di indennità e vitalizi. «Da parte di tutti - dice il capogruppo Ossanna - è stato detto in modo schietto che riteniamo inopportuno questo disegno di legge».

Il presidente delle Acli Trentine, Luca Oliver, che si è presentato con una delegazione formata anche dall'ex presidente Fausto Gardumi e Walter Nicoletti, che avevano firmato il disegno di legge, e da Josef Valer, al termine dell'incontro sottolinea l'aspetto positivo: «L'incontro è stato comunque utile perché abbiamo potuto spiegare ai capigruppo l'intento del disegno di legge che è innanzitutto quello di ridare un ruolo alla politica riavvicinandola ai cittadini, non certo di gettare fango e fare da ariete per buttare giù il castello. Abbiamo chiesto di farsi carico del tema e per me è importante che ci sia stata anche l'apertura, da parte di qualcuno, ad approfondirlo».

«In consiglio regionale - conclude Oliver - ciascuno si prenderà la sua responsabilità al momento del voto».

In precedenza oggi l’aula ha invece approvato il disegno di legge sul personale della giustizia.

Il presidente Ugo Rossi ha quindi preso parola per replicare e spiegare che il disegno di legge serve, all’art. 1, a reiterare quello che già avviene oggi, confermando quel personale che già opera attraverso un semplice accordo con lo Stato. Con l’art. 2, si dà la possibilità alla Regione di cominciare a organizzarsi internamente per la gestione del personale che passerà sotto la competenza della Regione.

In merito alla scelta di acquisire nuove competenze, ha spiegato che fa parte della natura dell’autonomia stessa la scelta di acquisire sempre più competenze.

Ha posto poi l’accento sul tema della responsabilità: «La prima responsabilità dell’Autonomia e dell’Autogoverno sia quella di dimostrare di essere in grado di amministrare meglio di quanto viene fatto da altri.
Punto successivo, l’interrogazione a risposta orale n.224, presentata dal Consigliere regionale Borga per sapere dalla Giunta regionale se la Regione intende individuare nel Comune di Roverè della Luna il centro regionale di permanenza degli stranieri che non hanno ottenuto alcuna forma di protezione internazionale.

Il vicepresidente della giunta regionale Ugo Rossi ha risposto negativamente, sostenendo che la Regione non ha competenza in materia.

Il consigliere Borga ha quindi detto che le preoccupazioni permangono, non avendo ricevuto rassicurazioni.

Manuel Quinziato ora è dottore Oggi la laurea in Giurisprudenza

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Il ciclista bolzanino Manuel Quinziato (Bmc) si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Trento, discutendo con il professor Fulvio Cortese la tesi «L’ordinamento sportivo e i rapporti tra la Giustizia Sportiva e la Giustizia Ordinaria». Il professionista rientra quindi nel novero della sparuta pattuglia di professionisti laureati.

Alla cerimonia hanno assistito, tra gli altri, mamma Marilena e papà Dino, il campione olimpico Giovanni Lombardi, l’amico avvocato Massimo Martelli, il presidente della Fci Trentino Dario Broccardo, che è pure il suo allenatore, e don Daniele Laghi. Visibilmente emozionato nei primi momenti, Quinziato ha quindi accennato ai momenti di contrasto esistenti tra i due ordinamenti e anche della difficoltà di riallinearli a causa delle peculiarità tecniche specifiche che sono alla base dell’attività sportiva.

Reduce dalla Tirreno-Adriatico, Manuel Quinziato sarà in gara sabato nella classica di primavera Milano - Sanremo.

Trump per aiutare l'industria dell'auto cancella le norme anti-inquinamento

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Il presidente americano Donald Trump - intervenendo in Michigan - ha annunciato la fine dei limiti alle emissioni inquinanti delle automobili varati nell’era Obama.

«Ripristineremo i programmi precedenti», ha spiegato, affermando che le regole introdotte dal suo predecessore penalizzano lo sviluppo dell’industria dell’auto e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Trump sta per incontrare i big dell’auto, tra cui Sergio Marchionne di Fca e Mary Barra di Gm.

Goggia terza in discesa libera 38 podi per l'Italia: è record

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Terzo posto per Sofia Goggia, in 1.37.98, nell’ultima discesa stagionale nelle finali di Coppa del Mondo di sci alpino iniziate oggi ad Aspen: è il 12° podio personale per la bergamasca di 24 anni. La slovena Ilka Stuhec, in 1.36.95, ha vinto la prova ed anche la Coppa del Mondo di disciplina. È la prima slovena a a riuscirci dopo Tina Maze. Seconda la statunitense Lindsey Vonn, in 1.37.61, che, senza danni, è spettacolarmente caduta dopo il traguardo.

Goggia - «troppi errori» ha detto l’azzurra insoddisfatta della sua gara - ha portato il 38° podio stagionale per l’Italia eguagliando così il record del 1997-98. Per l’Italia nella classifica di questa discesa su neve primaverile vi sono poi Johanna Schnarf, nona in 1.39.45, Verena Stuffer 15ª in 1.40. 12 e Federica Brignone 18ª in 1.40.57. Domani va in scena l’ultimo SuperG. Per la Coppa di disciplina sono in corsa sempre la Stuhec e Tina Weirather del Liechtenstein: 350 punti contro 335.


Sparatoria in un liceo Quattro feriti in Francia

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Una sparatoriaè avvenuta a fine mattinata nel liceo Tocqueville di Grasse, nel sud della Francia. L'aggressore, che è stato arrestato dalla polizia, sarebbe uno studente di 17 anni dello stesso licée Tocqueville, in conflitto con il preside. Il ragazzo era totalmente ignoto agli 007, su internet aveva visionato video di stragi di massa e ha aperto il fuoco contro il preside. Lo studente è il figlio di un consigliere del comune di Grasse, rivela la tv BFM.

L'ultimo bilancio sulla sparatoria nella scuola è di otto feriti lievi, tra cui il preside: è quanto affermano i pompieri. «Nessuno è in pericolo di vita», aggiungono. L'assalitore ha agito da solo. A Nizza è attesa la ministra dell'Istruzione, Nakat-Vallaud Belkacem.

Sul posto sono arrivati gli uomini del raid, i reparti speciali dell'antiterrorismo. La protezione civile ha raccomandato a tutti di rimanere in casa, gli uomini dei reparti speciali sono già in azione sul posto, tutti sono invitati alla massima prudenza.

Secondo quanto riportato dal sito del quotidiano Le Figaro «le forze dell'ordine hanno disinnescato un ordigno esplosivo preparato con della polvere nera che era stato lasciato all'interno della scuola».

«Papà sto scappando perché c'è una sparatoria nel liceo». Così in lacrime, Teo, 17 anni, ha chiamato il padre poco prima delle 13, spiegandogli di aver visto un uomo con più armi da fuoco sparare nel cortile interno vicino alla mensa della sua scuola, il liceo Tocqueville di Grasse. Secondo riferito all'Ansa dal padre del ragazzo, molti altri studenti sono riusciti a scappare e tra i feriti potrebbe esserci anche il preside della scuola.

 

 

Fiorello sotto il Campidoglio per salutare la sindaca: "Ciao Virginia!"

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Per presentare la nuova edizione di Edicola Fiore, Fiorello ha condotto i giornalisti in giro per Roma a bordo di un bus turistico. Arrivato sotto il Campidoglio, Fiorello decide di fermarsi per salutare la sindaca Virginia Raggi, che si affaccia dal balcone del suo studio

Una busta esplosiva al Fondo monetario

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Una persona è rimasta ferita nella sede del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) a Parigi dopo aver aperto una busta esplosiva.

A subire danni sarebbe un’assistente della direzione del Fmi, la cui sede parigina si trova nell’avenue d’Ièna, non lontano dall’Arco di Trionfo.

La donna è rimasta ferita alle mani e al viso. Tutti gli impiegati (150) sono stati evacuati dopo l’esplosione, che potrebbe essere stata provocata da qualcosa che assomiglia ad un petardo, stando ai primi rilevamenti.

La busta era destinata al capo dell’ufficio francese ed europeo del Fmi.

«È qualcosa di artigianale, non professionale, un dispositivo pirotecnico, come un grosso petardo», dice Michel Cadot, prefetto di Parigi. Nei giorni scorsi c’erano state alcune minacce telefoniche, ma non direttamente legate a quanto accaduto.

Sarà la procura antiterrorismo ad indagare sulla lettera esplosiva inviata alla sede del Fondo Monetario Internazionale a Parigi.

«Condanno questo atto di vigliaccheria e di violenza e ribadisco la determinazione del Fondo monetario di continuare a lavorare in linea col suo mandato»: così la numero uno del Fmi, Christine Lagarde.

«Qui a far niente da 15 mesi: ora basta» La vita dei profughi dopo la protesta

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L’Unione Europea, e tutte le varie commissioni. Poi il governo italiano e in particolare il Ministero dell’Interno, la Provincia di Trento, con l’assessorato competente e l’apposito dipartimento, il Cinformi e infine chi lavora nelle cooperative e nelle associazioni, volontari e non. Si tratta di una breve e incompleta (ci sarebbero i Comuni, le forze dell’ordine, la Questura, gli avvocati, i medici) lista di tutti coloro che prendono le decisioni, dispongono i finanziamenti, impongono le regole e gestiscono la quotidianità dei richiedenti asilo, compresi quelli trentini.

Un sì o un no a una richiesta, magari legittima, a volte banale, dipendono da una decisione presa da una o più delle persone che lavorano in uno degli enti elencati. E quel sì o quel no può rappresentare la distruzione di tante aspettative e speranze. Questo, fondamentalmente, è il passaggio che manca a tanti dei richiedenti asilo che ieri hanno protestato. Sono passaggi difficili, a volte incomprensibili, che anche tanti normali cittadini non capiscono o contestano, per motivi politici o ideologici.

«Perché non posso cucinare il riso da solo?»; «Perché non posso andare in un appartamento come ha fatto il mio amico?; «Perché non posso lavorare di più?». Le domande sono queste, legittime e banali. Ma la risposta è difficile, a prescindere dall’opinione personale e politica.

Ingenuamente i cinquanta, forse cento profughi che ieri hanno protestato si aspettavano di riuscire ad avere delle risposte. Ma chi ha parlato con loro, che è almeno al settimo o ottavo posto della «catena di potere» sopra elencata, ha potuto dare delle spiegazioni e delle giustificazioni, ma non delle risposte definitive.

È stata una domanda verso la fine del confronto, che in alcuni passaggi è sembrato quasi un’assemblea studentesca, quando si protesta con la preside per le brioches a ricreazione o con la prof per i troppi compiti, a far capire quanto difficile sia la situazione. «Ma noi vorremmo avere la libertà di litigare tra di noi se c’è qualche problema dentro la camerata».

I dirigenti provinciali sono quasi sbiancati alla richiesta. «No! Non potete, non esiste. Ci sono regole». Quando i «capi» in giacca e cravatta se ne vanno, tanti richiedenti asilo iniziano a raccontare: i taccuini dei cronisti, i microfoni delle radio, le videocamere delle tv sono una possibilità per migliorare la loro situazione.

Ma ognuno ha i suoi problemi. «Aspettiamo da mesi di cambiare alloggio - spiega Raeman, pakistano - e ci avevano detto che sarebbe stata una cosa rapida. Invece nulla». Un altro pakistano, Raeman, e un problema diverso: «Sono qui da un anno, per un periodo ho lavorato alla Cantine Ferrari, ma ora non più. Perché? Io voglio lavorare, non ne posso più di non fare niente».

Arriva Alì, senegalese, è le criticità sono legate alla convivenza: «In otto in camera è difficile, c’è chi non fa le pulizie. Poi noi africani abbiamo più problemi, perché non abbiamo i parenti e gli amici che ci aiutano».

Alì ci racconta anche la sua storia: «Sono sbarcato in Sicilia e sono stato in carcere, perché con una pistola mi avevano costretto a guidare la barca contro la mia volontà: cosa altro avrei potuto fare?

Poi da otto mesi sono a Trento, mi piace e vorrei rimanerci a lavorare, ma per noi è difficile». Altro ragazzo, altra questione: «Un amico che prima era qui adesso è in appartamento è può fare la spesa e cucinare quello che vuole, noi invece no».

Storie, età, culture diverse e quindi priorità diverse. Intervistando i trecento ospiti di via Fersina probabilmente emergerebbero trecento problematiche ed esigenze diverse: non importanti in assoluto, ma importanti per ognuno di loro. Gestire tutto questo diventa difficile per chiunque e infatti, ciclicamente, le proteste in città si ripetono, con richieste simili.

Per dettagli sulla PROTESTA dei migranti a Trento e per vedere le FOTO, clicca QUI

 

 

Matteo Conci, la storia del baby portiere para rigori

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Piedi ben piantati per terra, ma occhi che guardano lontano e caviglie pronte a farlo volare. Matteo Conci è il calciatore trentino del momento. Sedici anni compiuti lo scorso ottobre, portiere titolare degli Allievi del Trento, numero 1 della rappresentativa provinciale al Beppe Viola, è diventato un personaggio la settimana scorsa dopo aver parato quattro rigori nella partita del torneo contro il Sassuolo. Tanto da essersi guadagnato un «articolone» sulle pagine nazionali di Repubblica.

Da giovanissimi tutti sognano di fare gli attaccanti, lei invece ha subito scelto la porta. Come mai?

«Ho iniziato a giocare a calcio a 6 o 7 anni. Nei “Primi calci” fanno provare tutti i ruoli. A me, la prima volta che mi hanno dato la maglietta numero 1 mi sono innamorato. Mi è piaciuto subito tuffarmi, parare, saltare da un palo all’altro.

Lei è noneso, come il baby goleador dell’Inter Andrea Pinamonti, ma gioca nel Trento.

«Ho cominciato con il Predaia/Bassa Anauna e questo è il secondo anno al Trento. In prima superiore ho scelto di frequentare il De Carneri di Civezzano, ed era impensabile andare e venire tutti i giorni da casa. Così ho guardato le società della zona e ho bussato alla porta del Trento perché mi piaceva tanto il loro progetto. Per fortuna mi hanno preso».

Quanti allenamenti fa in settimana?

«Tre o quattro, agli impegni di studio. Abito a Civezzano in convitto e a casa torno il venerdì sera dopo l’allenamento. Il sabato riparto per la partita. In pratica sto in famiglia solo la domenica».

È un grande sacrificio non avere il tempo libero che hanno i suoi coetanei?

«No, perché è una cosa che mi piace. Non mi pesa rinunciare alle festicciole del sabato sera perché giocare a calcio è la mia grande passione e vedo che i miei sforzi cominciano a ripagarsi».

È già nel mirino degli osservatori di grosse squadre?

«Al momento non so niente. Vedremo».

Però ci spera.

«Credo sia il sogno di tutti. Sì, ci spero».

Chi è il suo giocatore preferito?

«Neuer. E per i rigori Handanovic: credo sia il migliore».

Ritiene di assomigliare a loro o si rivedi in altri numeri 1?

«Di Neuer mi piacciono le uscite e il fatto che ama giocare anche con i piedi. Handanovic lo studio per i rigori».

Nella sua giovane carriera si ricorda quanti rigori ha parato?

«Nei giovanissimi 5 su 7. Quest’anno nessuno, prima dei 4 dell’altro giorno».

Per quale squadra tifa?

«Milan. Da sempre, ma non c’è un motivo particolare. Credo che il Milan abbia due portieri giovani e forti come Donnarumma e Plizzari».

Punta anche lei alla maglia rossonera?

«Sono ancora giovane e non mi pongo traguardi. Già arrivare in serie B sarebbe un sogno. Poi più avanti si va meglio è».

Altre passioni oltre al calcio?

«Fino a qualche anno fa suonavo il sassofono ma ho dovuto smettere perché non riuscivo più a conciliare l’impegno con il calcio. Per il futuro vorrei prendere brevetto di personal trainer».

Essere il protagonista di un articolo di «Repubblica» a 16 anni che effetto fa?

«Sono contentissimo, però so che adesso sarà facile passare dalle stelle a stalle. Per questo tengo i piedi per terra e cerco di rimanere nei giusti binari. Poi vedremo quel che sarà».

Testa sulle spalle, già a 16 anni. E pensare che un tempo dicevano che i portieri erano tutti un po’ pazzerelli.

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